Leggo casualmente una frase di Pio XII: “La Chiesa ha bisogno di testimoni prima ancora che di apologisti”. Immediatamente mi ricorda la famosa frase di Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni”.
Cerco dove Pio XII ha detto quella frase e trovo un
discorso straordinario, un Radiomessaggio ai
partecipanti al Congresso eucaristico nazionale francese, il 4 luglio 1947:
“Un cristiano non è un partigiano; non è nemico di nessuno; non cerca di trionfare di nessun avversario; lo spirito di parte gli è sconosciuto. Oggi più che mai e come nei primi tempi della sua esistenza, la Chiesa ha bisogno di testimoni prima ancora che di apologisti; di testimoni che, in tutta la loro vita, facciano risplendere il vero volto di Cristo e della Chiesa agli occhi del mondo paganeggiante che li circonda. Alla moltitudine degli uomini, nel cuore dei quali si tenta invano, grazie a Dio, di soffocare ogni aspirazione religiosa, voi farete brillare l’attrattiva divina della dolcezza e della carità del Salvatore. Amandoli tutti di uguale amore, voi sarete gli interpreti della tenerezza materna della Chiesa verso gli oppressi e gli erranti. Voi farete loro conoscere, spiegandola, e soprattutto applicandola, la luminosa dottrina sociale della Chiesa che è la sola che possa risolvere i problemi che li tormentano. Voi sarete gli apostoli della società moderna, animati da quello spirito cristiano e missionario di cui la vostra patria ha dato, in ogni tempo, esempi bellissimi”.
Le parole analoghe di Paolo VI appaiono nella sua enciclica del 1975, Evangelii nuntiandi, n. 41; da qui continuano a citarle i suoi successori. In effetti l’aveva pronunciata un anno prima, il 2 ottobre 1974, durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici. Anche questo discorso, come quello di Pio XII, è rivolto ai laici. Ad essi soprattutto è richiesto un annuncio fatto di testimonianza. Ne trascrivo alcuni passaggi, dai quali tra l’altro appare chiaramente la necessità di una testimonianza comune, “collettiva”, di Chiesa:
L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i
testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni.
Egli prova in effetti una istintiva avversione per tutto ciò che può apparire
come inganno, facciata, compromesso. In questo contesto si comprende
l’importanza di una vita che risuona veramente del Vangelo! (…) Occorrono oggi più che mai dei testimoni dell’invisibile.
(…)
I nostri fratelli
umani hanno bisogno di incontrare altri fratelli che
irradino la serenità, la gioia, la speranza, la carità, malgrado le prove e le
contraddizioni che toccano anche loro. (…) Le nuove generazioni vorrebbero incontrare più testimoni dell’Assoluto.
Il mondo attende il passaggio dei santi. (…) La Chiesa renderebbe sterile il Vangelo e se stessa se proclamasse solo un
ideale astratto, per quanto ben presentato, senza che i laici concretizzassero
questo ideale, come lievito nascosto nella pasta. (…)
Ma è diventata una necessità, ed è una possibilità
del nostro tempo, cercare anche una testimonianza collettiva dei cristiani. (…)
In questo immenso corpo di Cristo che è la Chiesa, i doni
e i bisogni sono molto diversi, e diverse sono le tendenze
dell’apostolato. Deve esserci tuttavia
una unità nell’ispirazione e una convergenza nello scopo. Non si tratta soltanto
di una necessità per l’efficienza dell’apostolato, ma di un criterio della sua
autenticità: Cristo ha pregato perché i suoi discepoli fossero
uno. (…) Tutti questi movimenti devono dunque testimoniare
senza equivoci una volontà di incontrarsi, di lavorare insieme per gli
obiettivi fondamentali.
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