Secondo giorno della nostra novena di Pentecoste
Se “viviamo dello Spirito”, esorta Paolo mostrando l’ovvia conseguenza del nostro essere nello Spirito, “camminiamo anche secondo lo Spirito” (Gal 5, 25). Il cristiano è chiamato ad essere una persona che vive e opera nello Spirito: una persona “spirituale”. Il nostro essere nello Spirito si invera nel nostro vivere cristiano.
Mediante la fede e il
battesimo abbiamo ricevuto lo Spirito. Egli è in ognuno di noi, nel nostro
spirito, nel nostro stesso corpo, fino a trasformarci nel suo stesso tempio
(cf. 1 Cor 6, 19). Tutti i cristiani
sono quindi “persone spirituali”, in quanto vivono nello Spirito e dello
Spirito: “Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal
momento che lo Spirito di Dio abita in voi” (Rm 8, 9).
Eppure spesso la vita nello
Spirito rimane allo stato larvale. C’è come qualcosa che gli impedisce di
prendere interamente possesso del nostro corpo, della nostra mente, del nostro
cuore e sprigionare così tutta la sua energia e pienezza di vita. L’esistenza
cristiana rimane come bloccata, atrofizzata, senza poter sbocciare in pienezza
e attuare tutte le sue potenzialità. Il fatto è che si è tentati di resistere
alla voce dello Spirito e alla sua guida, di seguire i nostri desideri
piuttosto che i suoi, il nostro volere piuttosto che il suo, fino a
contristarlo (cf. Ef 4, 3), fino ad
arrivare ad estinguere la sua presenza in noi (cf. 1 Ts 5, 19).
L’uomo veramente “spirituale”
è invece il cristiano che, rotto ogni indugio, si è finalmente aperto in
maniera incondizionata all’azione dello Spirito e si lascia guidare da lui, in
piena docilità, nell’avventura evangelica.
Sant’Eugenio de Mazenod, alla
vigilia di prendere in mano la cura della diocesi di Marsiglia, sente che per poter
guidare la sua Chiesa come vescovo deve lasciarsi guidare lui stesso dallo
Spirito: “Devo rimanere attento a tutte le sue ispirazioni; ascoltare
innanzitutto nel silenzio dell’orazione, seguirle e obbedire ad esse nel
compiere ciò che mi indicano. Evitare con cura tutto ciò che potrebbe
contristare lo Spirito o indebolire l’influsso della sua potenza su di me...” (Notes de retraites, mai 1837).
L’imperativo è dunque anche
oggi: “Ascoltare” quella voce
interiore che parla... È la voce dello Spirito.
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