L’uomo ricco di cui parla la parabola
non è cattivo. Non fa niente di male. Conduce una vita tranquilla, pacifica,
godendosi le ricchezze accumulate: veste bene, organizza banchetti... Non compie
angherie contro il povero, non gli fa del male. Infatti gli è del tutto
indifferente, lo ignora completamente. Per lui è come
se non esistesse. La ricchezza l’ha
accecato e lo rende incapace di accorgersi della miseria e della solitudine in
cui vive Lazzaro. Il quieto benessere l’ha ridotto peggio di una bestia. Almeno
i cani si accorgono del povero e gli leccano le piaghe. Il ricco è fortunato,
stimato, onorato nel suo ambiente: è qualcuno. Il povero è socialmente
qualificato, non conta niente: è nessuno.
Agli occhi di Gesù è tutto il
contrario. Ha un modo diverso di valutare persone e situazioni. Per lui il
ricco non vale niente, nel suo racconto non gli dà nemmeno un nome: una
nullità. Si credeva ed era ritenuto chissà chi e si ritrova all’inferno. Il
povero invece Gesù lo chiama per nome, Lazzaro, un nome che rimarrà nei secoli
a ricordare il suo amore di predilezione per i piccoli, i poveri, gli ammalati,
gli scartati. E soprattutto gli dà il paradiso. Questi è consolato, quello è
tormentato. La situazione si è rovesciata.
Gesù sovverte i comuni modi di
considerare. Proclama beati i poveri e lanci guai ai ricchi. Rivaluta chi è
squalificato e svaluta chi è stimato, innalza gli umili e rovescia i potenti,
ricolma di beni gli affamati e manda i ricchi a mani vuote.
Com’è facile anche per noi tenere in considerazione le persone ragguardevoli, omaggiare i grandi, essere ossequienti verso chi è influente. Com’è facile scartare i poveri, evitare gli ignoranti, rimanere indifferenti davanti a chi soffre, ignorare chi ha bisognoso di aiuto e non sa neppure chiedere per timore, incapace di far valere i propri diritti.
Dobbiamo proprio capovolgere il nostro
modo di pensare e di agire, imparare a conoscere, a essere vicino, e chiamare
per nome, con affetto, i lazzari che incontriamo. Che nessuno mai ci sia
indifferente.
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