Sono io la pecora smarrita, io la
dramma perduta, io il figlio che si è allontanato da casa. Sono io colui che il
pastore e la donna cercano con ansia e attenzione, che il padre attende con
trepidazione. Anche Paolo ne era convinto: «Cristo Gesù è venuto nel mondo per
salvare i peccatori, il primo dei quali sono io» (1 Tm 1,
15).
Ancora una volta Gesù ci mostra il
volto del Padre e la missione che egli gli ha affidato: cercare ciò che è
perduto, riportare a casa chi gli ha voltato le spalle. Nel racconto delle sue
parabole non un accenno ai motivi che ci portano lontano da Dio, non una parola
di condanna per chi si è perduto e ha sbagliato. Si sa già che siamo fragili e
inclini al male. Basta assecondare un po’ le nostre tendenze e ci troviamo a
livello animale, accanto ai porci. Nelle sue parabole l’attenzione è tutta sul
pastore, sulla donna, sul padre. Non c’è bisogno che egli ci dica che siamo
peccatori. C’è bisogno che ci riveli la sua passione per noi peccatori. Vuole farci
sapere con quanta attenzione, cura e affetto ci cerca e come gioisce una volta
che ci ha ritrovato. La nostra conversione è iniziativa sua ed è opera sua.
Il pastore è tutto contento, una volta
trovata la pecora smarrita, e condivide la gioia con gli amici. Anche la donna
invita le vicine a rallegrarsi. Il padre organizza una festa per il figlio
ritrovato. Incredibile: ci dà la possibilità di far contento lui che sei Dio! Allora
mi lascerò trovare, tornerò a casa... per dargli gioia!
Padre ricco di misericordia,
lento all’ira e grande nell’amore,
non stancarti mai di cercarmi,
di attendere il mio ritorno.
Donami luce per conoscere il mio peccato.
Mettimi in cuore la nostalgia di te.
Indirizza la mia volontà verso te.
Prendimi sulle tue spalle,
tienimi tra le tue mani,
stringimi nel tuo abbraccio
e non permettere che mi allontani mai più da te.
Accoglimi nella tua casa, per sempre,
e sarà gioia piena e condivisa.
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