Non sentiamo in quello sguardo
prolungato e intenso – “fissatolo”
– tutta una premura e un’attenzione particolare, prolungata, personale?
Attraverso quello sguardo passa tutto l’amore di un Dio. La scelta che egli ha
fatto di me da tutta l’eternità, accade in un tempo e in uno spazio
determinati, si storicizza qui e ora, e trova la sua attuazione in
quell’incrociarsi del mio sguardo con quello di Gesù.
È lo sguardo di uno che mi
conosce da sempre. Guardandomi mi “ri-conosce”!
Sa già chi sono. Sa già il mio nome, prima ancora che io glielo dica. Da sempre
mi ha portato in cuore.
La vocazione è questo sguardo
d’amore che Gesù posa su di me, un rapporto di amore intimo e concreto che si
intesse tra Dio e me, un colloquio che tra lui e me che cresce me giorno per
giorno, con accenti sempre nuovi.
Ogni persona, uomo o donna, è
chiamata a questo incontro con l’Amore: siamo fatti per amare, per incontrarci
con la sorgente stessa dell’Amore. Siamo fatti per vivere in rapporto di
comunione con lui. La realtà più bella e profonda della nostra umanità è la
capacità di stare davanti a Dio a tu per tu: è nostro Padre e noi siamo figli e
figlie suoi.
Perché ogni tanto non ci
fermiamo a fare memoria di quando e di come Gesù è passato nella nostra vita?
Quando abbiamo sentito il suo sguardo posarsi su di noi? Prendiamo tutto il
tempo per percorrere la storia della nostra vocazione. Seguiamo l’invito della
Lettera agli Ebrei: «Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali foste
illuminati» (10, 32). Abbiamo mai scritto la storia della nostra chiamata?
L’abbiamo ma raccontata a qualcuno? Almeno a noi stessi…
Ma la nostra vocazione non è un evento che rimane fissato nel passato, è una realtà viva, dinamica. Gesù continua a chiamarci ogni giorno. Sappiamo ascoltare la sua voce? Ci lasciamo guardare negli occhi? Ci lasciamo amare?
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