Domenica 4 settembre a Vermicino celebreremo il trigesimo della partenza del per il cielo di p. Domenico Arena. All’annuncio della sua morte ho ricevuto alcuni messaggi che condivido.
Il primo è di suor Viera: “Sono andata a
trovarlo prima del suo trasferimento alla struttura. Abbiamo trascorso un 20
minuti insieme. Mi ha commosso il suo sorriso la sua pace. Dopo aver pregato mi
ha detto che era pronto, che Dio lo aspettava. Me lo ha detto con una tale
convinzione che sono rimasta in silenzio, mi ha dato la mano e ci siamo
lasciati con un grande sorriso. Così lo ricorderò per sempre. Io l'ho
conosciuto quando è arrivato a Marino e poi a Vermicino, mi ha sempre colpito
la sua calma, la sua disponibilità e la gioia nel fare i vari lavori umili. Per
me è stato come un fratello”.
Gabriella Santolini: “Padre Mimmo ci voleva
molto bene e noi lo volevamo a lui, perché lui continuava la missione di
Giovanni. Lo avevamo conosciuto bene quando era stato assegnato allo
Scolasticato di Kinshasa e da allora siamo rimasti sempre in contatto. Era
sempre sorridente e allegro e vedeva il futuro sempre in maniera serena e
positiva. Quando in sette, 3 sorelle, un fratello e tre nipoti, eravamo andati
laggiù per i 10 anni della morte di Giovanni insieme a p. Paolo, era un momento
di grande tensione in città: scoppiavano bombe, si sparavano e andare in giro
era pericoloso. Ma P. Mimmo e Antonietta Mongiò ci avevano custodito con la
massima cura e avevano fatto il possibile perché in quei giorni tutto andasse
bene, senza rischi per nessuno e la Commemorazione che avevano preparato
avvenisse ugualmente. Da allora p. Mimmo ha avuto contatti un po' con tutti
noi, con Giovanna e Gianni a Milano per il Rotary e il centro di informatica,
con Federico nei suoi viaggi successivi in Congo, con Francesca, a cui è stato
molto vicino durante la sua malattia, sempre attento e affettuoso con tutti. Mi
mandava ogni mese "Parola di Vita" e gliene ero grata perché è una
riflessione che aiuta tanto”.
Ho incontrato una suora che ha passato tutta
la sua vita in Senegal. Anche lei ricordava soprattutto il perenne sorriso di
p. Mimmo e la fedeltà all’invio della “Parola di Vita” che ogni mese faceva
giungere a un numero infinito di persone.
Nicola Parretta, come suo compagno di
Noviziato, mi scrive il segreto del perenne sorriso di Mimmo: “Io, suo compagno
di noviziato e di altro, ho potuto accogliere nel passato una sua prolungata
sofferenza sia morale che fisica... Ha patito, ma ha sorriso incarnando una
parola di Chiara ricevuta quando è diventato sacerdotale: Sei sacerdote in
eterno secondo l'ordine di Gesù abbandonato".
Vorrei lasciare la parola direttamente all’interessato:
Quello che posso dirvi dei miei 37 anni di
missione vissuti in Africa come Missionario Oblato di Maria Immacolata, nel
Senegal prima e nel Congo dopo, è che essa ha avuto come motore solamente
l’amore. È nata nell’amore e si è svolta nell’amore.
In verità, fin dall’inizio della mia missione
in Africa, il primo punto in programma era quello di volerci bene tra
confratelli nella comunità che formavamo. Era chiaro per noi missionari
l’orientamento a vivere come fratelli e su questa base annunciare il Vangelo.
Ora, l’Africa, con la calorosa accoglienza che riserva, e il suo spirito di
famiglia e di solidarietà, ci aiutava molto in questo. Sicché, in un contesto
di grande povertà sociale, nel quale in genere si svolge la missione nei paesi
del Sud del mondo, noi cercavamo di vivere in fiduciosa adesione alla parola
del Signore: “Da questo conosceranno
tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri”.
Al dunque, si trattava di credere alla forza missionaria insita nell’amore
reciproco. Cosa possibile solo nel dono di sé, come aveva fatto Cristo dando la
sua vita per noi sulla croce. Ed eravamo convinti che questa testimonianza
d’amore rappresentava il metodo missionario prediletto da Gesù e quindi di
sicura fecondità.
Evidentemente questo amore non era solo tra
di noi missionari, ma anche verso le persone che vivevano accanto a noi e che
cercavamo di amare non solo a parole, ma coi fatti e nella verità, prodigandoci
in tutti i modi a venire incontro alle loro necessità: dai pozzi, alle piccole
scuole di campagna, dagli ambulatori e farmacie, ai progetti di cooperative per
i giovani. Senza dimenticare l’aiuto d’urgenza nei tempi di bisogni e di carestia.
E senza dimenticare in particolare l’accoglienza quotidiana, semplice e
premurosa, che cecavamo di offrire a tutti, cristiani, musulmani e animisti che
fossero.
È così che tutto attorno a noi missionari
cresceva. Cresceva l’amore, il rispetto, la fiducia tra noi e la gente, tra noi
e i nostri collaboratori, suore, catechisti, responsabili di comunità; cresceva
il numero delle persone che aderiva a Cristo, simpatizzanti e catecumeni; le
comunità cristiane si moltiplicavano e si rendevano attive nell’annunciare il
Vangelo, grazie al discreto numero di nuovi battezzati; nascevano le prime
vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, così come aumentavano le coppie
che si sposavano in Chiesa. E l’Africa in questo può aiutarci grazie alla sua
cultura pervasa di umanità e spirito comunitario dove spicca il senso del
sacro, della famiglia e della solidarietà.
P. Mimmo ha insegnato e scritto articoli e
libri, lasciando una discreta bibliografia. Conto almeno una sessantina di
titoli. Lui stesso ha sintetizzato in poche parole il cuore del suo
insegnamento:
Facciamo la missione insieme, non in ordine
sparso come purtroppo tante volte si è fatto nel passato.
Evangelizziamo o rievangelizziamo il mondo
insieme sulla base di un intento comune che ci unisce, riconoscendoci come
fratelli in una comunità che è Chiesa, corpo di Cristo e comunione di persone
ad immagine della Trinità.
Evangelizziamo e rievangelizziamo il mondo
seguendo nel nostro impegno missionario l’esempio di Gesù e della Chiesa
nascente. Gesù che ha vissuto la sua missione in comunione con Dio suo Padre e
con i suoi Apostoli; la Chiesa primitiva che evangelizzava nella koinonia dei suoi membri.
Evangelizziamo o rievangelizziamo credendo,
aderendo profondamente e mettendo al centro del nostro impegno missionario le
parole di Gesù. Lui che disse: “Vi do un
comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).
Così facendo, possiamo ad ogni istante
introdurre nel mondo un movimento di comunione, una testimonianza di comunione che
si traduce in accoglienza reciproca sia all’interno della Chiesa che al suo
esterno. Di modo che saremo capaci non solo di accoglierci gli uni gli altri
nella Chiesa che formiamo, ma anche di saper accogliere gli altri che vengono a
stare con noi, ad abitare in mezzo a noi, pur nelle diversità che ci
contraddistinguono. Ora, tutti noi sappiamo quanto ci sia bisogno di questa
fraterna accoglienza sia all’interno della Chiesa sia nel mondo, in questo
tempo caratterizzato dalla globalizzazione e dall’emigrare dei popoli. La
comunione missionaria ci offrirebbe così una via adeguata per stare bene
insieme con tutti senza pregiudizio e discriminazione, bensì nella generosità e
nella liberalità. Potrebbe essere questa una via che offre buone soluzioni ai
problemi dell’emigrazione per fare di essa non un fattore di impoverimento,
bensì una chance di arricchimento per tutti.
La comunione missionaria ci introduce a
portare a compimento una missione che ci riempie di gioia e che diventa feconda
di frutti, come suggerisce l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco. Essa infatti è il tipo di
missione di più forte irradiazione, tra le più attrattive e contagiose per la
fede e la salvezza dell’umanità.
Come si capisce dalle Parole di Gesù che prega
il Padre così: “…perché tutti siano una
sola cosa… perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17, 21). La fede
del mondo in Gesù è al prezzo dell’unità dei cristiani in Lui e tra di loro.
La comunione è apostolicamente feconda perché
genera in mezzo ai discepoli la presenza di Cristo Signore, il Salvatore del
Mondo. Lui che disse: “…dove sono due o
tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20) e “io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo” (Mt 28, 20). La comunione realizza dunque questa promessa
della presenza del Signore risorto in mezzo a noi. Ed è allora Lui presente con
il suo Spirito che converte, salva e porta tutti alla perfezione dell’unità e
della santità - legame misterioso e fecondo tra la comunione e la presenza del
Signore. Legame che è poco approfondito in ambito teologico, ma di cui si
sottolinea l’importanza.
Quanta forza otterrebbe la missione della
Chiesa da una tale presenza del Signore in mezzo ai discepoli. La sua presenza
moltiplicherebbe la Chiesa stessa rendendola sacramento di salvezza in ogni
tipo di comunità (religiosa, famiglia, gruppo spontaneo che sia). Per cui, se
riunita nel suo nome (ossia nel nome di Cristo che unisce in comunione), qualunque
comunità di vita darebbe dovunque la testimonianza più feconda. Quella che
consiste a testimoniare il Cristo risorto, presente e vivente, che continua a evangelizzare
e a salvare il mondo.
Grazie p. Fabio per condividere questa bella vita missionaria di p. Mimmo
RispondiEliminaTrovo ogni volta che ti leggo che l'anima si dilata sul soprannaturale. Grazie indinite.
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