La
missione che il Risorto affida alle donne è di “andare ad annunciare ai miei
fratelli…”.
Fratelli!
Gesù li chiama fratelli. È la prima volta.
Aveva
detto che nessuno di loro si facesse chiamare maestro, perché discepoli erano fratelli gli uni gli altri (23, 8). Aveva detto che considerava propri fratelli più
piccoli le persone a cui facciamo del bene o del male, ma parlava in quanto Giudice
dalla fine dei tempi (25, 40-45).
Matteo
aveva riportato anche le sue parole in risposta a chi gli annunciava che i
fratelli erano venuti a trovarlo. “Chi sono i miei fratelli?” aveva detto. Poi,
“stendendo la mano verso i suoi discepoli” aveva continuato: “Chiunque fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli, questi… è mio fratello” (12, 46-50). Era
un desiderio, un auspicio. Adesso è una realtà.
Il Crocifisso
ha condiviso la nostra umanità fino in fondo, fino alla morte, alla sepoltura,
alla discesa negli inferi. Si è fatto solidale in tutto, proprio come noi, uno
di noi. In questo modo è diventato veramente nostro fratello, ha in comune con
noi la carne e il sangue, la vita e la morte.
Non si vergogna
di chiamarci fratelli, dirà la Lettera agli Ebrei (2, 11), come Giuseppe,
divenuto signore in Egitto, non si vergognò dei suoi fratelli pezzenti che
venivano a mendicare il pane. L’avevano venduto, non per questo Giuseppe li
ripudiò. Anche i discepoli di Gesù, e noi con loro, hanno rinnegato e venduto e
abbandonato il loro Maestro. Sono chiusi in casa, impauriti, vergognosi,
umiliati, scoraggiati. E egli ora si vendica chiamandoli fratelli: “Andare ad
annunciare ai miei fratelli…”.
Gesù è
risorto, glorioso. È costituito Signore. Gli è resa la dignità di Figlio di
Dio. Eppure si porta con sé la propria carne, non lascia il corpo nel sepolcro alla
corruzione. Non arrossisce della propria umanità, con tutta la sua debolezza, non
la ripudia. Si tiene stretta quella carne che gli abbiamo dato attraverso
Maria, se lo porterà in cielo, dove siederà alla destra del Padre nella gloria.
Non sono
mai stati suoi fratelli come ora che, con la sua morte e risurrezione è
diventato “primogenito tra molti fratelli”, come dirà Paolo (Rm 8, 29).
“Fratello
mio, sei carne della mia carne, sangue del mio sangue”, sembra dire a ognuno di
noi. Non ci disconosce come fratelli. Camminiamo con un Fratello accanto, e che
Fratello!
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