Dopo il
saluto di pace, la parola che il Risorto rivolge agli Undici e agli altri
discepoli è un invito a credere in lui.
Quando se
l’erano visto improvvisamente in mezzo a loro, erano rimasti “sconvolti e pieni
di paura”. Pensavano che fosse un fantasma.
Un’altra
volta, quando Gesù era venuto loro incontro sul lago, di notte, lo avevano scambiato
per un fantasma: “è un fantasma, gridarono dalla paura”. Così raccontano gli
altri due Sinottici. Allora Gesù li rincuorò: “Coraggio, sono io, non abbiate
paura” (Mt 14, 26; Mc 6, 49). Era già una scena di risurrezione!
Luca ripresenta
quella scena nel cenacolo. Anche questa volta Gesù vuole infondere pace e gioia
al posto dell’agitazione e del timore: “Perché siete turbati, e perché sorgono
dubbi nel vostro cuore?” (24, 38).
Sconvolti,
pieni di paura, turbati, dubbiosi: quattro parole che richiamano la tempesta
sul lago, l’animo dei discepoli agitato come le onde, squassato dal vento forte…
Il Risorto
ora si rivela nella sua identità più profonda: “Sono proprio io”. Solitamente questa
autorivelazione, “Sono Io”, Ego eimi, la sentiamo esprimere da Gesù nel
Vangelo di Giovanni, ed ha il valore forte di quell’“Io sono” con il quale Dio
si fa conoscere a Mosè. Gesù è l’Io di Dio, è il Signore Dio.
Ma
quale Dio! Un Dio crocifisso! “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono
proprio io” (24, 39). Per farsi riconoscere mostra i segni della passione.
Colui che è lì presente è l’identico Gesù che è stato crocifisso.
L ‘“Io
sono”, il Dio di Gesù Cristo, è un Dio che ha amato fino a morire per noi. Il
Risorto non è un altro, è lo stesso Crocifisso.
Se lui,
Iddio, è qui, “sta in mezzo” a noi, come afferma Luca narrando l’incontro del
Risorto con i discepoli, ed è espressione di un amore infinito, da Dio, che
cosa c’è più da temere?
Luca,
al pare di tutti gli altri evangelisti, a questo punto dice che i discepoli non
credettero. Ma Luca è l’evangelista della misericordia e anche in questo momento
non si smentisce: “per la gioia non credevano” (24, 41).
Gesù
sbarazza comunque ogni dubbio: “Toccate e guardare; un fantasma non ha carne e
ossa, come vedete che io ho” (24, 39).
Anche
Giovanni, nel racconto della risurrezione, riporta le stesse parole, ora
rivolte a Tommaso: toccare e guardare.
Addirittura,
in Luca, Gesù chiede di poter mangiare, per far vedere che non è un fantasma: “Avete
qui qualche cosa da mangiare?” (24, 41). Gli esegeti mettono subito le mani in avanti e
spiegano che non è che proprio Gesù si sia messo a mangiare il pesce come
racconta il Vangelo, sarebbe soltanto un modo per esprimere in maniera realista
la realtà corporea di Gesù.
Comunque all’inizio della seconda parte della sua opera, gli Atti degli Apostoli, Luca scrive che quella sera “si trovava a tavola” con i discepoli (1, 4). Più avanti riporta le parole di Pietro che racconta: “Noi abbiamo e mangiato con lui dopo la sua risurrezione» (10, 41).
Comunque all’inizio della seconda parte della sua opera, gli Atti degli Apostoli, Luca scrive che quella sera “si trovava a tavola” con i discepoli (1, 4). Più avanti riporta le parole di Pietro che racconta: “Noi abbiamo e mangiato con lui dopo la sua risurrezione» (10, 41).
Quel “toccate
e guardate” è di una bellezza straordinaria. Tutti hanno bisogno di toccare, le
donne, la Maddalena, Tommaso. Come lo capiamo, adesso che siamo in piena pandemia!
E guardare… non soltanto su uno schermo, ma dal vivo!
Sono
due parole che dicono la verità e la profondità di un rapporto che tutti
vorremmo avere con Gesù. Un rapporto che ci libera dai tanti fantasmi che sconvolgono
la nostra pace. Un rapporto che fa riconoscere dietro il velo di quanto ci fa
paura, il volto splendente del Risorto, e trasforma le nostre piaghe in amore,
come le sue.
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