Maria di
Magdala e l’altra Maria s’erano sedute di fronte alla tomba appena chiusa dalla
grande pietra. Furono le sole a restare, fin quando si fece sera. Una sepoltura
troppo veloce. Non avevano avuto il tempo di piangere il loro Signore.
Dopo il
sabato, all’alba del primo giorno della settimana, tornarono al sepolcro.
Volevano semplicemente visitare la tomba, stare vicino al loro Signore morto,
sciogliere il lamento funebre.
D’improvviso
il terremoto, la pietra rivoltata, l’angelo con un vestito bianco come la neve,
l’annuncio della risurrezione, la corsa per dare l’annuncio ai discepoli.
Ed ecco per
strada il Signore in persona: “Gesù venne loro incontro”.
È il
primo dei due racconti di risurrezione che ci ha trasmesso Matteo.
Il primo
verbo del Risorto è un verbo di movimento: Gesù “va incontro”. L’iniziativa,
come sempre è sua. Il Signore ci viene incontro, sempre, anche quando non ce l’aspettiamo, quando più ne abbiamo bisogno.
È risorto
per questo, per venirci incontro lungo la nostra strada.
Non siamo mai soli.
Non siamo mai soli.
Si rivela
innanzitutto a due donne, Maria di Magdala e l’altra Maria, che dal confronto
col Vangelo di Marco potrebbe essere la madre di Ioses (15, 47) o di Giacomo
(16, 1).
All’inizio
del Vangelo si era rivelato agli uomini, alla fine alle donne, le discepole più
fedeli, che più l’hanno amato, che mai l’hanno abbandonato.
Le donne,
le prime!
La prima
parola del Risorto è “Rallegratevi”: chairete, la stessa parola rivolta
a un’altra donna, Maria di Nazaret. Allora era stato un angelo, ora è il
Signore in persona che invita alla gioia. Allora era la gioia della venuta di
Dio nel mondo, adesso del suo nuovo avvento nella luce della risurrezione.
Nel
Vangelo di Matteo abbiamo ascoltato questa stessa parola, chaire, pronunciata come una bestemmia: “chaire, maestro”, gli dice Giuda baciandolo (26, 42); “chaire,
re dei Giudei”,
gli dicono i soldati dopo averli posto sul capo la corona di spine (27, 29).
L’annuncio
di Gesù Risorto è di una gioia vera. Se la morte si è trasformata in vita, ogni altre situazione di
tristezza, di insicurezza, di sofferenza può trasformarsi e mutare in gioia.
Gesù Risorto ne è la garanzia.
L’apostolo Paolo se ne farà eco
innumerevoli volte: “Siate lieti nella speranza” (Rm 12, 12); “Siate sempre
lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4, 4); “Siate sempre lieti”
(1 Tess 3, 9).
La gioia che provano le
donne è evidente: cadono ai piedi di Gesù, lo abbracciano, lo adorano.
Poi un invito, che torna costantemente lungo tutta la Scrittura: “Non temete”.
È una
parola rivolta a tutti i discepoli, aperta ai secoli futuri. Vi saranno le
persecuzioni, le incomprensioni, gli sbagli… “Non temete”, perché lungo la
strada, a ogni difficoltà, il Signore ci viene incontro.
Infine il
mandato: “Andare ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi
vedranno” (Mt 28, 9-10).
L’incontro
con il Risorto si risolve sempre in missione. La fede, la luce, l’esperienza
vanno condivise.
Come ha fatto Paolo: “A voi
infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e
che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” (1 Cor 15, 3-4).
Tutti, sempre, missionari.
Tutti, sempre, missionari.
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