Dopo
l’incontro con le donne, Matteo prosegue il suo racconto spostando l’azione in
Galilea, per il secondo e ultimo incontro del Risorto, questa volta con gli
Undici.
Le donne
avevano loro riferito l’invito di Gesù ad andare in Galilea, dove li aspettava
e dove lo avrebbero visto (28, 10). Così, terminate le festività della Pasqua, essi
erano tornati nella loro terra. Nessun accenno da parte dell’evangelista ad
incontri con il Risorto a Gerusalemme.
Perché
Gesù attende i suoi in Galilea, su un monte che aveva loro fissato? (28, 16).
Forse
perché occorre sempre ripartire dalle origini. Prima di spandersi nel mondo
l’albero della Chiesa deve tornare a fissare le radici. In Galilea i discepoli
hanno imparato a seguirlo. Ora devono tornare lì per un nuovo inizio, per imparare
a seguirlo in un modo diverso. Con la risurrezione niente è più come prima, non
possono più seguire Gesù lungo le strade della Galilea e della Giudea come
avevano fatto fino ad allora. Egli ha superato le barriere del tempo e dello
spazio... Vive in una dimensione diversa, quella dello Spirito, e lo si seguirà
nello Spirito.
Dà ai
tuoi discepoli, e a noi, appuntamento in Galilea perché quella prima
irrepetibile esperienza di cammino dietro a lui, che da lì ebbe inizio, rimane
paradigmatica per i secoli, per ogni generazione. Sempre dovremo leggere e
ascoltare le prime parole pronunciate in Galilea: “Vieni e seguimi”. Sempre
abbiamo da lasciare reti, barca, padre e deciderci per lui. Sempre dobbiamo riprendere
il cammino verso Gerusalemme per imparare, nell’ascolto attenti di ogni sua
parola e con lo sguardo ad ogni sua azione, ad amare e a donare.
Mentre
sono sul monte – il monte della trasfigurazione? Non era quell’evento l’annuncio
della risurrezione? – Gesù si avvicina. L’angelo alle donne aveva detto di
annunciare ai discepoli che il Signore i avrebbe “preceduti”: un altro verbo di
movimento, simile a quello che lo fece andare incontro alle donne. Gesù ci
precede sempre. Ovunque andiamo è già lì che ci attende. L’ignoto non c’è più,
c’è una presenza.
È
l’azione tipica del Risorto: “si avvicinò” (28, 19), si rende vicino! Lo è come
quando camminava con i discepoli lungo le vie della Galilea. Lo è di più ora di
allora. E consegna loro le ultime sue tre parole.
“Mi è
stata data tutta l’autorità (exousia) in cielo e in terra” (28, 18).
Tutta!
Per quattro volte, nelle parole del Risorto rivolte ai discepoli, torna il
termine “tutto”: tutta l’autorità, tutte le genti, tutto
ciò che Gesù ha insegnato, la sua presenza per tutti i giorni. È come se
la pienezza pasquale ormai strabordasse in una totalità che tutto avvolge.
Prima di
affidare ai discepoli una missione che sembra impossibile, il Signore li
assicura: andranno perché egli li rende partecipi della sua forza e della sua
potenza. Egli ormai è entrato nella gloria, è il Signore della storia,
l’onnipotente, il suo amore può tutto.
Gli
Undici sono consapevoli della loro fragilità, inadeguatezza, sperimentata nel rinnegamento,
nel tradito, nell’abbandonato del Maestro. Ma adesso Egli si fa nuovamente
presente, li ha convocati dal Risorto per offrire loro l’opportunità di
ricominciare, non come se nulla fosse accaduto, ma proprio perché tutto è
accaduto.
Nessuna
presunzione nelle proprie capacità, ma solo la fiducia nella forza del Signore
che sostiene ogni debolezza. In Lui adesso tutto è possibile, anche accogliere
e obbedire alla seconda parola:
“Andate
dunque e fate miei discepoli tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare
tutto ciò che vi ho comandato” (28, 19-20).
Fare
discepoli! Come Gesù aveva fatto con loro. Dovranno ripetere le parole udite
dal Maestro, insegnando così a vivere le sue parole. Non è tanto una dottrina
da insegnare, quanto una vita da trasmettere, introducendo in un rapporto
personale con Gesù, fino a condividerne la vita.
È
l’immersione (battesimo) nella vita del Dio rivelato da Gesù, un Dio amore, che
è rapporto tra d’amore tra le tre divine Persone e nel quale siamo coinvolti,
battezzati.
Missione
impossibile? Non più, perché non vanno di propria iniziativa, li manda colui
che ha ogni autorità in cielo e in terra, e li investe della sua stessa
autorità e forza. Ormai egli sarà sempre con loro e sarà lui a guidarli e ad
operare in loro. Siamo così alla terza parola:
“Ecco, io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (28, 20).
Il Vangelo
si era aperto con l’annuncio dell’Emmanuele, il Dio con noi (1, 23), a metà
aveva promesso la sua presenza tra quanti fosse stati uniti nel suo nome (18,
20), ed ora l’assicurazione che Dio sceso tra noi rimarrà per sempre con noi.
È con questa
parola che si chiude il Vangelo.
Il libro
del Vangelo si chiude, ma Egli rimane, “tutti i giorni, fino alla fine del
mondo”.