Perché
dedicare la Conferenza semestrale a Chiara Lubich?
Innanzitutto
per celebrare il centenario della sua nascita, come ha ricordato il Preside.
Vi
è tuttavia un ulteriore anniversario che possiamo ricordare, piccolo per il
numero di anni, ma grande per il significato che esso ha per il nostro
Istituto: 15 anni fa le veniva conferito il Dottorato honoris causa, l’unico offerto finora dal Claretianum e l’unico
offerto a Chiara dalle Università romane, a fronte degli altri 15 conferitili
in ogni parte del mondo.
Conserviamo
il video completo di quell’evento; avremo un’altra occasione per rivederlo
insieme. Abbiamo la pubblicazione degli Atti in “Claretianum”, 45 (2005) 15-22
(pubblicati anche in brochure in più lingue). Personalmente ho anche la
raccolta delle testimonianze degli studenti presenti all’evento; che varrebbe
la pena pubblicare.
Tra
le motivazioni del Dottorato viene ricordata «la formulazione di una dottrina
spirituale di stampo evangelico, innovata, ricca e profonda». In particolare si
attesta che Chiara «ha dispiegato con ampiezza tutta nuova gli orizzonti della
consacrazione di vita, favorendo l’identificazione con i carismi dei rispettivi
Fondatori».
Il
mio rapporto personale con lei è iniziato alla fine degli anni Sessanta del
secolo scorso e continua anche adesso, dopo la sua morte.
Vorrei
ricordare soltanto tre momenti, legati alla vita consacrata.
Il
primo risale al settembre 1969, quando per la prima volta partecipai ad un convegno
di religiosi indetto dal Movimento dei Focolari. Non ero ancora religioso,
stavo per terminare il mio noviziato e avevo poco più di vent’anni.
Fu
per me la scoperta della dimensione estetica della vita religiosa.
L’anno
precedente Chiara aveva descritto il grande il movimento storico dei carismi
nella sua profonda unità e nella molteplice ricchezza della sua diversità. Se
Dio, aveva detto, oltre che buono è bello ed è la Bellezza , con la B maiuscola, «la parte estetica…
è particolarmente dei religiosi. Forse perché bellezza significa armonia e
perché ci sia armonia in un canto occorrono tante note». Anche
da solo, affermava poi, ogni carisma è espressione di bellezza, è «un diamante
che brilla di luce che nessuno sa far brillare».
Pochi
anni più tardi tornando sul tema – «la bellezza di un Ordine religioso è il
carisma che brilla» –, notava una particolare affinità con Maria,
tutta rivestita della Parola di Dio, la Tuttabella , «piena di carismi». «La Madonna –
diceva – è tutta un carisma, non ha niente di giuridico, di gerarchico. Lei è
il carisma personificato. Io penso che tutti i carismi che sono nati nella
Chiesa ci stanno tutti dentro, in Maria».
Questa
bellezza, espressa nell’unità e nella diversità, io la vidi espressa da quei
religiosi con i quali mi trovavo per la prima volta. La diversità era evidente
dagli abiti religiosi che allora tutti indossavano. Altrettanto evidente era
l’unità che regnava tra di loro: avvertivo che erano legati da un profondo
affetto fraterno e da una sincera ricerca di Dio.
Un
secondo ricordo risale al 1977 quando, in un incontro con i membri del
Movimento, Chiara lesse il “Commiato” di don Giacomo Alberione, una sorta di testamento
spirituale che il fondatore dei Paolini e Paoline lasciava alla sua grande Famiglia.
In quel testo appariva chiarissima la figura del fondatore, con i principali
elementi che lo caratterizzano. Chiara, commentandolo, confrontava la propria
esperienza con quella di don Alberione. Capii cos’è un fondatore e subito,
mentre ancora parlava, mi dissi: questo sarà il tema della mia tesi di dottorato.
Per
quella tesi ho analizzato nove fondatori. Fra di essi non c’è Chiara Lubich, ma
è guardando a lei, una fondatrice vivente che avevo accanto, che ho potuto
preparare il mio lavoro di dottorato.
Un
terzo ricordo risale al 1994. Chiara era in Svizzera ormai da quasi due anni,
ammalata. Mi domandai cosa avrei potuto fare per lei. Mi ricordai di quando,
ancora studente, nel 1974, le avevo consegnato personalmente un’antologia di
scritti del nostro fondatore che avevamo appena composto in comunità. Lo lesse
d’un fiato, «come si beve un sorbetto», ci disse, aggiungendo: «Se loro, per
via del carisma dell’unità, si sentono dell’Opera di Maria, io per via del loro
fondatore mi sento “Oblata di Maria Immacolata”». E subito continuò: «Ma io mi
sento di tutti gli Ordini: di san Francesco, di san Benedetto...». Lessi poi in
un suo diario del 1963: «È proprio della nostra spiritualità imparare dai
santi, farci figli di essi, per partecipare del loro carisma».
Mi
venne allora in mente di prepara un libro con alcuni suoi scritti sui santi e
sui carismi. Quando lo seppe, fu lei a guidarmi nella scelta di quello o di
quell’altro passo… Nacque così Cristo
dispiegato nei secoli, poi tradotto in varie lingue, che mi fece capire più
profondamente la bellezza dei santi e dei loro carismi.
A
contatto con così tanti carismi e soprattutto con quello di Chiara Lubich – per
20 anni i superiori mi hanno messo a tempo pieno a servizio del suo Movimento –
non avrò perduto la mia identità carismatica? A volte me lo sono chiesto.
La
risposta mi è arrivata 10 anni fa quando il mio superiore generale mi ha
affidato la direzione degli studi sulla storia e il carisma del nostro
Istituto. Penso che anche questo sia un frutto del rapporto con Chiara Lubich e
il suo carisma.
Nessun commento:
Posta un commento