"Città Nuova" ha pubblicato una intervista che mi è stata rivolta da Giulio Meazzini: le solite domande, le solite risposte...
Nel 1949 per Chiara Lubich, Igino Giordani e alcuni del primo nucleo della comunità dei Focolari, iniziò un’esperienza mistica e concreta allo stesso
tempo. Ne parliamo con Fabio Ciardi, responsabile del centro interdisciplinare di studi Scuola Abbà.
Cos’è questo Paradiso ’49?
È
l’esperienza spirituale
che Chiara ha vissuto negli anni 1949-’50-’51. E non solo: è quello che lei ha trasmesso ai suoi compagni, coinvolgendoli subito, in prima persona,
in questo periodo di luce. Il Paradiso ’49 non è quindi l’esperienza di un singolo, ma di un gruppo.
È il vissuto
di Chiara, ma partecipato, condiviso. Un vissuto che lei, anni dopo, ci ha consegnato anche in un libro.
È
un po’ particolare questa storia del
gruppo?
È una cosa nuova. Nella storia della spiritualità, tante persone hanno avuto esperienze mistiche, anche della
realtà del Paradiso.
L’originalità di Chiara è stata “entrare” in questa realtà non da sola,
ma insieme a Igino Giordani, uno sposato,
per poi coinvolgere subito anche le sue
compagne. Lei, quindi, “entra” in Paradiso con un “drappello”,
col quale vive lo spirito e le tappe
di conoscenza di questa realtà.
La parola drappello dà il senso
della molteplicità: ognuna di queste persone era infatti presente con la sua personalità. A volte, poi, Chiara chiama questo gruppo l’Anima, perché queste persone, pur nella
loro individualità, formavano una realtà sola, un corpo solo, il Cristo mistico.
Cosa dice oggi questa esperienza?
Il Paradiso ’49 non è stato dato per essere studiato
o letto, ma condiviso. Rappresenta una comprensione di ciò che è la storia dell’umanità. Una visione
del mondo visto da Dio. Una visione d’insieme di Chiesa e di società.
All’interno di questa visione, c’è anche la nostra storia personale, irripetibile e unica. Dio rispetta la singolarità di ogni persona, però il progetto è globale: fraternità, comunione, condivisione, riassunte in una
parola, unità. Una parola che riassume
una visione sociale, politica e culturale.
Dopo la morte
della fondatrice, nel 2008, come continua la storia?
Il lascito di Chiara è uno solo: Gesù in mezzo. Non è un’idealità programmatica, ma una persona, Gesù. Lei ci lascia come testamento
di incarnare giorno
per giorno la realtà della
presenza di Gesù che opera nella storia.
Perché non è stato ancora pubblicato il Paradiso?
Nella storia ci sono tanti esempi di scritti mistici che hanno ritardato la pubblicazione. Il diario
di sant’Ignazio di Loyola è stato pubblicato dopo
500 anni. Forse perché i gesuiti lo ritenevano intimo, riservato ai membri
della famiglia. Oppure perché
certe cose potevano
essere fraintese.
In tutti gli scritti mistici ci sono parti di difficile lettura. Spero comunque che il testo di Chiara sia pubblicato
quanto prima.
Un possibile errore nel leggere il Paradiso ’49?
Far coincidere la persona
fisica di Chiara Lubich, donna trentina del suo tempo, con il disegno
di Dio su di lei, fondatrice di un’Opera nella Chiesa. Certe cose lei le dice in quanto è una voce di Dio. Se invece applico certe frasi alla sua persona singola, e
non a Cristo che è in lei, si crea un equivoco. Un altro possibile errore è voler ripetere alla lettera quanto
lei afferma sulla
sua missione come fondatrice.
Chiara a un certo punto chiede
di bruciare gli appunti
sul Paradiso
’49…
Chiara non voleva che ci si attaccasse alle carte ma
all’essenziale. I suoi scritti non sono Dio e lei voleva che ci si attaccasse solo a Dio. Se mi fermo alla lettera, se non cambia
la mia vita, lo scritto
non serve a niente.
Chiara negli ultimi anni ha avuto un periodo di buio che non è sfociato
in una nuova luce.
Sei giorni prima
che morisse sono andato a trovarla in ospedale.
Era prostrata sul letto, sfigurata dal dolore e dalla malattia. A stento riuscivo a capire quello che diceva. Mi chiedevo: ma dov’è la Chiara che ho conosciuto, quella che parlava al Palazzo dello sport a migliaia di giovani, veniva accolta nella
moschea di Harlem e in piazza San Pietro parlava col papa? In quel momento
ho capito perché diceva che Gesù non ha salvato il mondo quando
faceva miracoli o raccontava parabole, ma sulla
croce. I Vangeli di Marco e Matteo terminano con un grido, non c’è più la parola,
c’è solo il grido. Espressione massima
di dolore.
La Scuola Abbà serve per evitare errori di interpretazione del Paradiso ’49?
Ognuno ha diritto
di leggere, studiare, pensare, dire quello che vuole. La Scuola
Abbà, invece, ha un compito
affidatole da Chiara: enucleare il pensiero contenuto in questa esperienza. Il Paradiso ’49 è fatto per essere vissuto, però, essendo un’esperienza dello spirito di Dio, ha dentro anche una visione del
mondo, della storia, dell’uomo. Ha a che fare non solo con la Chiesa,
ma anche con la società,
il cosmo, la fisica. Non è una
bacchetta magica, ma può dare spunti
a politica, economia, sociologia, ecc. Quindi la Scuola Abbà è un luogo di studio,
ma non il più importante. Il luogo essenziale è l’Opera di Maria: il Paradiso ’49 è affidato
al Movimento dei Focolari, che deve viverlo e poi veicolarlo a tutti.
Cosa direbbe a un giovane incuriosito da questa esperienza?
Le prime compagne
di Chiara nel 1949 erano semplici,
provenienti da sperduti paesini del Trentino, la più istruita
era maestra
elementare. Eppure sono diventate
donne di prima grandezza, capaci
di andare in giro per il mondo di allora, in Brasile, negli Stati Uniti, in Asia, in Africa. Hanno creato opere, centri, case, aziende, comunità.
Come hanno fatto?
In loro c’era una tale vita,
che le ha rese capaci di motivare e trascinarsi
dietro migliaia di persone,
dalle più semplici alle
più intellettuali, persone di altre religioni
e culture. Quindi, se un giovane vuole realizzarsi,
anche
umanamente, consiglio di tuffarsi in questa avventura,
di “darsi”, per produrre
qualcosa di utile
per l’umanità.
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