giovedì 9 gennaio 2020

Il dottorato a Chiara 15 anni dopo



Il Consiglio dell’Istituto Claretianum, nella seduta straordinaria del 25 febbraio 2004, ha deciso, all’unanimità, di conferire a Chiara Lubich il Dottorato Honoris Causa in Teologia della Vita Consacrata, per “la formulazione di una dottrina spirituale di stampo evangelico innovativa, ricca e profonda”, per aver  “messo in luce grandi temi del messaggio cristiano,  fino a prevenire alcuni tra i più recenti sviluppi del Magistero e della coscienza ecclesiale”. “Dal comandamento dell’amore alla ricerca dell’unità, passando per la contemplazione di Gesù Abbandonato” -  così si legge nelle motivazioni approvate dal Consiglio - Chiara Lubich “ha saputo formulare un’intensa spiritualità di comunione, oggetto di numerose ricerche in ambito prettamente accademico”. (Comunicato stampa, ottobre 2004)

Fra pochi giorni al Claretianum terremo la conferenza semestrale su “La profezia di Chiara Lubich” in occasione del centenario della nascita. Preparando il mio intervento, nel quale ricordo il dottorato honoris causa conferitole dall’Istituto, ho ritrovato tanto materiale riguardante quella circostanza, tra cui una intervista al preside di allora Santiago Silva. Ne ho ricopiato uno stralcio nel quale spiega perché il conferimento del dottorato in teologia della vita consacrata a Chiara. Mi sembra ancora attuale.


Abbiamo visto l’impatto che nella vita consacrata ha il Movimento dei Focolari. E lo abbiamo ritenuto un impatto estremamente positivo… L’idea di consacrazione della vita ha ripreso una nuova dinamica grazie alla maniera in cui Chiara la vede, come una quarta via.
Questo ci ha fatto dire: “Possiamo non solo studiare un fondatore ormai trapassato, ma onorare una fondatrice ancora vivente con un carisma molto ricco e molto positivo per la vita consacrata religiosa”. Giovanni Paolo II ha insistito che l’avvenire dipende dalla qualità della nostra vita comunitaria, e pensiamo che gli input, le indicazioni che ha dato Chiara sono le più adatte per rivitalizzare questa nostra dinamica.
Piuttosto che cercare noi, dobbiamo vedere dove Dio ha manifestato la sua azione. E in uno sguardo sulla Chiesa, è evidente che i nuovi movimenti che il Papa volle radunare nella vigilia di Pentecoste, sono un segnale indiscutibile. Quindi a noi tocca guardare verso di loro e capire quali sono i fermenti che portano. D’altra parte la vita consacrata tradizionale ha attraversato una stagione ricchissima di travaglio ma anche di frutti. E questa sintesi è ormai possibile.
Noi vediamo già la vita consacrata di domani; l’anno scorso abbiamo avuto 407 alunni di 197 congregazioni provenienti da 54 nazioni diverse. Quindi queste nazioni che si affacciano alla vita consacrata - che per lo più sono nazioni di Africa e di Asia - ci fanno vedere una vita consacrata non anziana, come in Europa, ma giovane; non una vita consacrata che si interroga sul passato che deve trasmettere, ma che viene invocata per trasmettere una esperienza a popoli che hanno di per sé una grandissima religiosità. Quindi vediamo nei nostri giovani religiosi la sintesi che dovremmo costruire. A noi tocca solo fare il lavoro intellettuale ma la vita ha fatto già la sua parte.

L’aspetto della spiritualità di Chiara che mi colpisce di più è la questione “comunionale”, senz’altro, assolutamente; è la qualità della vita comunitaria che decide il futuro della vita consacrata. Ed io vedo che dove una comunità è unita, è anche dinamica; se è dinamica è anche vitale perché subito la gente si avvicina, anche un ragazzo o una persona più matura si avvicina e dice: “Io vorrei essere come te”. Non si tratta tanto di fare delle vetrine per attirare qualche incauto o qualche incauta, ma avere la gioia di confidare quello che riempie di senso la tua vita. Per era molto illuminante anche scoprire come la spiritualità di comunione porta a incontrare Gesù Abbandonato, ed il tema della croce è centrale sia per la vita comunitaria – che delle volte ha queste difficoltà – sia per la cultura di oggi che è bloccata specialmente di fronte al problema del dolore.

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