“Ho
contemplato lo Spirito discendere… e rimanere su di lui” (Gv 1, 29-34)
“Mi
piace!”. Non ho mai cliccato questa icona che appare col pollice in su (mi
piace), col pollice in già (non mi piace).
Non
le clicco perché è un giudizio troppo superficiale. Prima di rispondere
bisognerebbe pensarci un po’. Occorrerebbe dire cosa mi piace di quello che mi
viene proposto, perché mi piace. Invece si fa tutto in fretta.
Cosa
c’entra questo con il vangelo della seconda domenica del tempo ordinario?
C’entra,
c’entra…
La
testimonianza di Giovanni su Gesù comincia col proclamarlo “agnello di Dio che
toglie i peccati del mondo” e termina con l’attestazione che egli è “il Figlio
di Dio”.
Di
più Giovanni non poteva dire. E basterebbe per restare incantati davanti al
mistero di Gesù.
Nel
vangelo di oggi mi colpisce tuttavia il verbo “rimanere” che Giovanni usa due
volte per indicare come lo Spirito Santo si posa su Gesù.
Non
è un passaggio rapido: lo Spirito viene per prendere dimora in Gesù, per
restare per sempre, in maniera permanente su di lui e guidarlo lungo tutta la vita.
“Rimanere”
è un verbo che Giovanni ama particolarmente e che usa soprattutto nelle
cosiddette “formule di reciproca immanenza”: “Rimanete in me e io in voi…”, “Chi
rimane in me e io in lui…”.
Non
è un incontro veloce: ciao, ciao, e tutto finisce lì.
Per
conoscersi veramente, per imparare a volersi bene sul serio, occorre “rimanere”,
dedicare tempo, stare insieme a lungo… Come ha fatto lo Spirito Santo con Gesù,
come fa Gesù con noi.
Non basta un frettoloso superficiale “mi piace”, “non mi piace”.
Non basta un frettoloso superficiale “mi piace”, “non mi piace”.
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