mercoledì 13 novembre 2019

Il ritorno di Padre Messuri a Marino



Ieri l'immaginetta di p. Armando Messuri.
Oggi il ricordo della traslazione della sua salma a Marino, com'è raccontata in articolo intitolato "Il grano di frumento", apparso su "Comunità Marino" nel 1971.


Un albero ai bordi del campo:
ammira pure i frutti, il tronco, le radici
ma che cosa sai della linfa segreta,
del Mistero della vita che l'anima e
tutto lo pervade?

La Chiesa non è solo di oggi:
è di ieri, di domani, di sempre.
Vive nel tempo,
ma l'Amore è la sua linfa,
lo Spirito la sua anima.

Riempie il tempo,
          ma vive ancorata nell'eterno.


Lo pensavamo la sera del 26 settembre, mentre le macchine scivolavano veloci sull'autostrada del sole: su un pulmino Volkswagen bianco, carico di fiori e di giovani, tornavano a Marino i resti mortali di P. Armando Messuri.
Eravamo andati a prenderlo a Camigliano di Caserta: due padri e i 17 nuovi giovani in arrivo al centro giovanile quest'anno.
Con Lui, i suoi fratelli, la gente semplice del paesetto natale, avevamo vissuto una giornata intensa di fede, di preghiera, di gioia composta, frutto sembrava di una delicata presenza del Padre.
Ora mentre i fari delle macchine solcavano le tenebre della sera, eravamo soli con lui sulla via del ritorno verso Marino.
Quei 17 giovani di cui conoscevo la storia intima: gioie, dolori e il “sì” detto a Dio per rimanere sempre con Lui, mi lasciavano pensoso.
Da quattro anni siamo avvezzi in comunità a vedere la vita che si rinnova e si moltiplica: ma quella sera nel silenzio mi sembrava di intuirne per un attimo il mistero.
P. Armand o si è donato perché la Chiesa qui sia feconda di nuovi consacrati.
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“Se il grano di frumento, caduto in terra, marcisce e muore, porta molto frutto. "
Un religioso austero con sé, ma con gli altri generoso e delicato fuor di misura; un'anima di una intuizione penetrante, timida, ma estremamente fattiva nella carità.
Nessuna meraviglia che i giovani gli si accalcassero attorno, avidi come sono di autenticità.

A Oné di Fonte, un paesetto del trevigiano, ancora oggi dicono di lui: "era un uomo che ti comunicava una fiamma!".
In paese lo ammiravano: lui taceva, sorrideva, amava e, come suole  avvenire a chi lo fa sul serio, soffriva.
Una fiamma concreta, che andava dalla vita sacramentale dei giovani, alla fanfara paesana - di chitarra neanche l'ombra in quei tempi! - ai corsi serali di istruzione elementare o professionale, al coltivare i loro desideri di vocazione, alla carità spicciola verso i poveri e via di seguito.

Finì di vivere quando nel Lazio tornava la pace, l'8 giugno 1944.
Una settimana prima alcuni ladri, di notte, vedendosi riconosciuti, avevano sparato su di lui. Non rivelò mai i loro nomi, non voleva rovinarli e soprattutto li aveva perdonati, secondo l'insegnamento del Maestro.
Gli ultimi momenti, nello spasimo dell'agonia, continuava a ripetere: "Devo tornare a Marino, devo tornare a Marino!”.
Che significato potevano avere quelle parole al momento del passaggio nella casa del Padre? E' difficile dirlo, ma a noi è sembrato di capirle il 29 settembre: presenti centinaia di persone, altri 7 novizi con voce ferma hanno pronunciato la formula della loro consacrazione a Dio, 5 giovani hanno bussato alla porta della congregazione degli Oblati iniziando il noviziato e 17 altri hanno deciso di costruire al centro giovanile "Armando Messuri" il loro cenacolo nell'amore e nel silenzio di Maria.


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