martedì 5 novembre 2019

Essere realisti e vivere nella speranza


“En son Nom. Vie Consacrée aujourd’hui”. È una bella rivista canadese. Si presenta con veste modesta, ma è ricca di contenuti. Spesso vi scrivono anche gli Oblati, come nell’ultimo numero, dedicato alla “speranza”.
Il breve articolo di Normand Provencher, omi, mi ha particolarmente colpito. Il Canada è la punta più avanzata del declino della Chiesa in Occidente: si vendono e si chiudono le chiese, sempre più rare le vocazioni al ministero e alla vita consacrata, assenza di giovani, diminuzione della frequenza ai sacramenti, scandali, perdita di fiducia nelle istituzioni ecclesiali… 
Qual è il futuro della Chiesa in questa situazione drammatica?
Padre Normand in poche righe offre una lettura realista e piena di speranza.

Un momento di grazia!
In questi tempi tinti di pessimismo e di rassegnazione, mi sembra sia possibile conciliare un atteggiamento serenamente critico con la speranza. La Chiesa non sta solo attraversando un momento difficile che presto verrà riassorbito o una prova passeggera che supererà con un po’ di coraggio e buona volontà. Si trova in un profondo cambiamento sociale e culturale, con conseguenti impatti profondi, senza precedenti. Sempre di più le persone di qui, in particolare i giovani, non si riconoscono più nelle pratiche regolari e nel messaggio della Chiesa. La “vita reale” sembra accadere altrove!

Il Vangelo, una missione
Si tratta quindi di qualcosa di più di un declino o di una crisi che passeranno, ma piuttosto un nuovo inizio. Invece della nostalgia per una situazione della Chiesa che non tornerà, perché non ammettere che abbiamo la responsabilità e la missione di far ascoltare e vivere il Vangelo in modo nuovo, di ispirare nuovi modelli di comunità e di raduni, per attuare modi senza precedenti di celebrare l’incontro e i sacramenti della domenica, creando istituzioni e ministeri per le persone qui e oggi? Il mondo moderno e l’attuale situazione pastorale sono quindi un’opportunità, meglio una grazia e una via da seguire per la Chiesa.

Gesù Cristo e la Chiesa primitiva
Di fronte al mondo moderno e alle difficoltà che ciò comporta, la tentazione è grande per i cattolici, sempre meno numerosi, di rifiutare qualsiasi cambiamento e di voler un ritorno alla Chiesa del passato che spesso conoscono male e che idealizzano. Ma i percorsi promettenti del futuro non sono nel tornare indietro. L’unico sguardo al passato, sempre necessario e illuminante, è quello che portiamo su Gesù Cristo e sugli inizi della Chiesa che costituiscono la luce per oggi e la fonte del nostro futuro.

Dio presente nell’ignoto
Come a Sarah e Abraham, i nostri antenati nella fede, ci viene chiesto di lasciare una forma di Chiesa che ci è familiare, per andare altrove, verso l’ignoto, con la certezza che Dio è desideroso di realizzare il suo grande progetto di abitare il nostro mondo. Tuttavia, il suo progetto non avverrà necessariamente nel modo che ci aspettiamo. “Se Dio è Dio”, scrive il pensatore Maurice Bellet, “ha il diritto di essere dove vuole e quando vuole, indipendentemente dai nostri discorsi su di Lui, dalle nostre forme di pietà, i nostri riti, le nostre conoscenze “. È quanto Papa Francesco chiede quando propone una Chiesa in uscita che va nelle periferie, dove Dio è già presente e dove ci sta aspettando.
La speranza è una realtà fragile e tuttavia apre strade per il futuro. Con lei la vita non è moribonda; al contrario, ci rende in grado di aspettarci tutto da Dio, a condizione di vivere intensamente il presente con i nostri limiti e le nostre debolezze.

Sta germogliando una nuova Chiesa
La Chiesa qui da noi è molto povera. Non è una grazia? Non ha più il personale o i mezzi per intraprendere grandi progetti; al contrario, i suoi progetti possono essere solo modesti, un po’ come seminare in un piccolo orto. Scaviamo il terreno, mettiamo il fertilizzante, annaffiamo, ma soprattutto ci fidiamo del seme. Seminare è un gesto di speranza. È come dare la vita. Qui da noi nella Chiesa è giunto il momento della semina, il vero tempo della speranza. Non mancano i semi di grande qualità: “il messaggio di Gesù”. Fortunatamente, c’è ancora buona terra, per lo più abbandonata e incolta.
Il futuro della Chiesa di domani è già iniziato. Si prepara con riserbo e, a volte, dobbiamo prenderne atti, lontano dalle decisioni ufficiali. È possibile che vivremo un ritorno dall’esilio, ma non un ritorno alla Chiesa che conosciamo: sarà qualcosa di diverso dall’immagine che oggi evoca la parola “Chiesa”. Nel corso dei secoli, la Chiesa si è caricata un peso di cose che non sono realmente sue. Quando ne verrà privata, alcuni saranno in grado di dichiarare riferendosi soltanto alle apparenze, che ha smesso di vivere. In effetti, troverà se stessa.

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