martedì 16 luglio 2019

Re-cor-dari: 16 luglio 1949-2019


Un nutrito gruppo di persone del luogo, accompagnate da coro, strumenti e suoni della natura, ha dato voce al racconto del 16 luglio 1949, nella chiesa di Transacqua a Fiera di Primiero.
La rievocazione teatrale è interpretata tutta da giovani, come giovani era le persone di allora (ad eccezione di Igino Giordani... che è toccato a me interpretare). 
All’inizio ho introdotto la rievocazione teatrale con queste parole:

70 anni fa, il 16 luglio 1949, in questa valle iniziò un’esperienza che continua anche oggi, che anche noi possiamo condividere.
Stiamo per raccontarla.
Daremo voce ai protagonisti di allora, tutti giovani, ad eccezione di uno, già più anziano.
Per fortuna ci hanno lasciato le loro memorie, da cui attingeremo, pur con la libertà di una ricostruzione artistica.
Li sentiremo parlare con un linguaggio che a tratti potrà sembrare difficile, o almeno non sono le solite parole che usiamo abitualmente. Soprattutto quanto ascolteremo Chiara Lubich, che in quei giorni ebbe un’esperienza straordinaria di Dio, diremmo mistica, rimarremo forse stupefatti.
Il suo linguaggio è simile a quello dei poeti, non lo si spiega, lo si respira.
Come dire con parole umane la vita del Cielo?
E lei in quei giorni ha fatto davvero un’esperienza di Cielo: la realtà di Dio le è fiorita dentro e l’ha vista attorno a sé, nella natura, tra le sue compagne e amiche, proprio tra queste montagne.
È presto diventata esperienza di gruppo perché quello che Chiara viveva lo partecipava ed era di tutti, divenuti una anima sola, l’Anima!
Questa sera lo partecipa anche con noi: con lei ne diventiamo protagonisti.       

La voce di Lia Brunet ha dato poi il via al racconto:

Per me era come tornare a casa. Nella piccola baita di Tonadico era nato mio papà Giuseppe e la zia Enrichetta. Il babbo si era poi trasferito a Trento, ma d’estate, da bambina, venivo a trovare la zia. Ho ancora nelle orecchie il fruscio delle foglie di pannocchie del materasso dei miei sonni profondi, mi rivedo saltare sul fieno, correre nei prati, ne respiro i profumi.
Quando Chiara da Roma ci fece sapere che sarebbe tornata in Trentino e avrebbe voluto passare qualche giorno di riposo in montagna, pensai subito alla baita del babbo e della zia. Ormai era soltanto un fienile, ma con un po’ di fantasia l’avrei trasformata in una reggia. Per me, da bambina, lo era sempre stata, una reggia.
L’adattammo in un attimo. Di fronte alla porta d’ingresso, il piccolo locale che fungeva da soggiorno e da sala da pranzo; c’era addirittura un tavolo. A sinistra, nella parte adibita a cucinino, un piccolo fornello elettrico e a destra un letto, rivestito da una copertina. Al di sopra, nel sottotetto colle tegole a vista che era stato il fienile della baita, delle brandine allineate una accanto all’altra. Tutto qui. Dimenticavo, c’era anche un armadio issato con la carrucola che veniva utilizzata per tirar su le balle di fieno. Non era una piccola reggia? Anzi, sarebbe stata un paradiso: “Baita Paradiso”.
Che festa quando arrivammo quassù con la corriera delle 18.00.


Il racconto prosegue con i ricordi dei protagonisti e di Chiara stessa.
Non mancano due donne del posto, in abiti tradizionali, che fanno i loro commenti:

- Ma le atu vist, le tose de Trent?
- Quele che le sta dala Lia? Me par tose polito, le par studiade.
- Me dighe che le e dela Azion Catolica, le e sempre in cesa a pregar.
- No, le deve eser del terz’ordine francescano. 
- A mi però le me par de 'n altra raza, no saverie dirte. L'e vera che le va a mesa tuti i dì, le fa la visita al Santisimo, ma no ti vedi come che le e contente, piene de vita?  
- Le salta de qua e de là che par che le vole.  
- Ti le vedi corer tei pradi. 
- Ah, le e sempre zierevole, gentili, con quel soriso sula boca…
- Ma le e anca pitost sule sue, sempre tra de lore, come che le fuse incantade. 
- Le averà i so segreti. Le par inamorade. 
- Le parlerà dei so morosi.

- 'Na roba la e segura, le se vol en gran ben. 
- Le e 'na anema sola, de zerto. 

La rievocazione artistica è terminata con questa breve testimonianza di Marilene:

Sul pullman, nel viaggio di ritorno, si vedeva uno splendido tramonto. Il cielo sopra le Dolomiti era un gioco di nuvolette e di colori. Dissi a Chiara la mia meraviglia. Lei guardo il cielo, poi si rivolse verso di me: «Sai, per dirti la verità io vedo di più il cielo che ho dentro di quello che c’è fuori, quello che è fuori quasi mi scompare». Da allora la terra divenne il suo Cielo.

E' stata una gioia per me scrivere questa rievocazione e ancora di più vederla rappresentare con tanta partecipazione e coinvolgimento.
Presenti persone del posto, tanti arrivati da lontano, il vescovo di Trento, il metropolita Gennadios...
Se è stato così bello il ricordo, cosa sarà stata la realtà?
Ma quel patto d'unità del 16 luglio 1949 è realtà anche oggi.

2 commenti:

  1. Mi eleva questo racconto e mi viene la voglia imnensa d essere una di quella ragazze.
    Pero lo so che posso viver e come loro nella Piccolo cosa amando oggi persone che passa accanto a me.
    Il mondo in cui viviamo oggi ha bisogno di questa vita.

    RispondiElimina
  2. Mi eleva questo racconto e mi viene la voglia imnensa d essere una di quella ragazze.
    Pero lo so che posso viver e come loro nella Piccolo cosa amando oggi persone che passa accanto a me.
    Il mondo in cui viviamo oggi ha bisogno di questa vita.

    RispondiElimina