venerdì 1 marzo 2019

La spiritualità dei “cristiani comuni” / 1



Dopo aver parlato a novizi e novizie dell’ideale del martirio e della verginità tra i cristiani dei primi secoli, http://fabiociardi.blogspot.com/2019/02/prima-i-martiri.html,
ideali che hanno dato origine al monachesimo, ho parlato dei “comuni cristiani”. La loro vita ruotava attorno all’assemblea domenicale, alla preghiera quotidiana, alla parola di Dio, e trovava il suo ambito di realizzazione sia nella famiglia sia nella società civile.

L’assemblea domenicale è il momento in cui tutta la comunità prega e celebra l’eucaristia e organizza l’aiuto ai poveri. È anche il momento in cui si rinsaldano i legami d’unità e cresce la coscienza di formare un solo popolo in Cristo. Quanto fosse indispensabile che i fedeli fossero uniti fra di loro e riconciliati prima di celebrare la liturgia eucaristica nel giorno del Signore, lo ricorda con vigore un testo della Didascalia: «Poiché avete Cristo come capo, secondo la sua promessa, presente e in comunione con voi, non trascurate voi stessi e non separate il Salvatore dalle sue membra; non dilaniate e non dissolvete il suo corpo». Di qui il senso di festa che acquista la domenica: «Nel primo giorno dopo il sabato – si legge nei Didascalia  - siate sempre lieti; infatti colui che si rattrista di domenica è colpevole di ogni peccato».
Nell’assemblea liturgica si vive la vita sacramentale, focalizzata soprattutto attorno al battesimo e alla celebrazione eucaristica. Il fatto che ogni anno tutta la comunità assista al battesimo, anzi accompagni lungo tutto l’anno i catecumeni e poi i neofiti, fa che ognuno riviva costantemente la realtà del proprio battesimo, confermandola giorno per giorno in ogni esperienza quotidiana.
La domenica non rimane un giorno isolato. Ciò che in essa si celebra e si vive viene poi disteso lungo tutta la settimana. «Colui che è perfetto - leggiamo in un altro dei primi scritti cristiani, Origene - , vive sempre nelle parole, nelle azioni e nei pensieri del Verbo di Dio che per natura è Signore; vive sempre nei suoi giorni; celebra sempre il giorno della domenica». Per questo la gioia, che appariva già un tratto caratteristico della prima comunità cristiana (cf Atti 2), è testimonianza anche nel secondo secolo da Clemente Alessandrino, quando scriveva che «tutta la vita del cristiano è un lungo giorno di festa».

La vita quotidiana dei cristiani dei primi secoli è inoltre caratterizzata della preghiera costante. «Sempre, dovunque e in ogni momento bisogna pregare», scrive Tertulliano, poiché «in nessun’ora deve mancare l’adorazione a Dio». Clemente Alessandrino ricorda che «non si deve pregare soltanto in giorni e ore determinate, ma senza interruzione praticando ciò per tutta la vita». Nonostante la sua scarsa stima per il lavoro manuale, testimonia che non esiste dualismo tra preghiera e vita quotidiana: «Coltiviamo i nostri campi dandogli lode [a Dio], navighiamo cantando inni a lui, e similmente ci sorprendiamo in preghiera in qualsiasi altra attività ci occupiamo a seconda del nostro impegno». La preghiera diventa così «una conversazione con Dio», o come dirà Gregorio di Nissa «un colloquio di tutto l’essere con Dio».
Pur continua, in quanto atteggiamento d’unione con Dio, la preghiera dei fedeli conosce anche momenti particolarmente intensi, soprattutto al mattino e alla sera. Presto entra in uso il farsi il segno della croce «poiché esso - scrive Tertulliano - è il segno della Passione, noto e sperimentato contro lo spirito del male (…) da opporlo saggiamente ad esso come uno scudo». Un altro uso è quello di pregare rivolti verso Oriente da dove sorge il sole, simbolo di Cristo, della sua risurrezione, «per fissare - come scrive Atanasio - quel paradiso dal quale siamo stati scacciati e chiedere supplichevolmente a Dio e al nostro Signore che ci voglia restituire all’antica nostra patria». Si prega con le mani alzate, a ricordo di Cristo in croce, in piedi, perché risorti con Cristo, o in ginocchio, in segno di umiltà, di supplica intensa e di adorazione, anche se non sempre è necessario un particolare atteggiamento del corpo: «Se siamo in mare - scrive Origene -, o i nostri affari ci impediscono di ritirarci per abbandonarci ai nostri impegno di pregare possiamo farlo anche senza atteggiamento esteriore».

Caratteristica della preghiera del cristiano è il “Padre nostro”, recitato tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno, alla sera. Il Pater faceva parte di quelle formule che venivano consegnate ai catecumeni in maniera ufficiale a mano a mano che procedevano nell’iniziazione catecumenale: «in esso è riassunto tutto il Vangelo», scriveva Tertulliano.


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