mercoledì 27 marzo 2019

La spiritualità dei cristiani comuni / 4 - L’impegno in ambito sociale



È ora di terminare la mia lezione introduttiva ai novizi e novizie dei Castelli Romani. Ho iniziato con la spiritualità dei laici, perché la vita religiosa è un mododi vivere la commune spiritualità di tutti I cristiani.

La novità evangelica non si limita a portare i suoi frutti nell’ambito familiare. I cristiani, gradatamente, fanno sentire la loro influenza anche nel campo sociale.
Esternamente la vita dei cristiani non pare diversa da quella dei pagani. «Noi viviamo insieme a voi - scrive Tertulliano rivolgendosi ai pagani - frequentando con voi il foro, il mercato, i bagni, i negozi, gli empori, gli alberghi…; navighiamo con voi; compiamo il servizio militare, lavoriamo la terra; ci dedichiamo al commercio; scambiamo i prodotti della nostra arte e i nostri manufatti vendiamo al modo vostro». Tuttavia la nuova fede ha modificato qualcosa in quel tipo di attività. O meglio, ha modificato qualcosa nel cuore dei fedeli, per cui essi, anche quando operano nel campo sociale, sono consapevoli di essere sempre figli di Dio e quindi vedono tutto in rapporti a Dio. «Se tu sei un lavoratore - scrive Clemente Alessandrino -, ti raccomandiamo di lavorare, ma riconosci il Dio del lavoro; se ti piace di navigare, fai il marinaio, ma invoca il nocchiero del cielo; se hai conosciuto Dio mentre militavi nell’esercito, ascolta il generale che ti guida nella giustizia».
I cristiani creano una società nuova, non ancora nelle strutture - almeno in questi primi secoli -, ma certo nei rapporti umani. Così, ad esempio, minano l’istituzione della schiavitù non tanto abolendola, quanto cambiando i rapporti tra padroni e schiavi.

Dove più evidente appare il frutto della novità evangelica, è l’atteggiamento verso gli ultimi della società. L’amore evangelico spinge i cristiani a porsi a servizio dei poveri, delle vedove e gli orfani, dei bambini abbandonati, dei prigionieri, degli stranieri, degli anziani.
Così nelle chiese locali, fin dai primi secoli, nasce una cassa comune in favore dei bisognosi. «Essa - scrive Tertulliano - non è costituita da una somma obbligatoria… Ma ciascuno, una volta al mese e quando vuole, versa una modesta cifra e solo se lo vuole e solo se lo può. Nessuno è obbligato, ma vi contribuisce spontaneamente. Si tratta come di depositi di pietà. Infatti [le somme] non vengono spese in banchetti, né in bevute, né in sgradite gozzoviglie, ma per i poveri che devono essere sfamati o [per quelli] che devono essere seppelliti, per i fanciulli o le fanciulle a cui sono venuti meno i sostentamenti o i genitori, per i domestici anziani e anche per i naufraghi». Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Basilio arriveranno ad esporre una rivoluzionaria dottrina sociale che pone poveri e ricchi in rapporto di servizio e d’amore reciproci. Basilio realizza un’opera sociale di grande impegno, una cittadella chiamata Basiliade nella quale operavano un gran numero di servizi a favore dei viandanti, dei malati, dei poveri.
Non si tratta di semplice filantropia, ma del risultato di una nuova visione di fede: Gesù si è identificato con ogni persona, soprattutto con gli ultimi.

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