È ora di
terminare la mia lezione introduttiva ai novizi e novizie dei Castelli Romani. Ho
iniziato con la spiritualità dei laici, perché la vita religiosa è un mododi
vivere la commune spiritualità di tutti I cristiani.
La novità evangelica non si limita a portare i
suoi frutti nell’ambito familiare. I cristiani, gradatamente, fanno sentire la
loro influenza anche nel campo sociale.
Esternamente la vita dei cristiani non pare
diversa da quella dei pagani. «Noi viviamo insieme a voi - scrive Tertulliano
rivolgendosi ai pagani - frequentando con voi il foro, il mercato, i bagni, i
negozi, gli empori, gli alberghi…; navighiamo con voi; compiamo il servizio
militare, lavoriamo la terra; ci dedichiamo al commercio; scambiamo i prodotti
della nostra arte e i nostri manufatti vendiamo al modo vostro».
Tuttavia la nuova fede ha modificato qualcosa in quel tipo di attività. O
meglio, ha modificato qualcosa nel cuore dei fedeli, per cui essi, anche quando
operano nel campo sociale, sono consapevoli di essere sempre figli di Dio e
quindi vedono tutto in rapporti a Dio. «Se tu sei un lavoratore - scrive
Clemente Alessandrino -, ti raccomandiamo di lavorare, ma riconosci il Dio del
lavoro; se ti piace di navigare, fai il marinaio, ma invoca il nocchiero del
cielo; se hai conosciuto Dio mentre militavi nell’esercito, ascolta il generale
che ti guida nella giustizia».
I cristiani creano una società nuova, non ancora
nelle strutture - almeno in questi primi secoli -, ma certo nei rapporti umani.
Così, ad esempio, minano l’istituzione della schiavitù non tanto abolendola,
quanto cambiando i rapporti tra padroni e schiavi.
Dove più evidente appare il frutto della novità
evangelica, è l’atteggiamento verso gli ultimi della società. L’amore
evangelico spinge i cristiani a porsi a servizio dei poveri, delle vedove e gli
orfani, dei bambini abbandonati, dei prigionieri, degli stranieri, degli
anziani.
Così nelle chiese locali, fin dai primi secoli,
nasce una cassa comune in favore dei bisognosi. «Essa - scrive Tertulliano -
non è costituita da una somma obbligatoria… Ma ciascuno, una volta al mese e
quando vuole, versa una modesta cifra e solo se lo vuole e solo se lo può.
Nessuno è obbligato, ma vi contribuisce spontaneamente. Si tratta come di
depositi di pietà. Infatti [le somme] non vengono spese in banchetti, né in
bevute, né in sgradite gozzoviglie, ma per i poveri che devono essere sfamati o
[per quelli] che devono essere seppelliti, per i fanciulli o le fanciulle a cui
sono venuti meno i sostentamenti o i genitori, per i domestici anziani e anche
per i naufraghi». Giovanni Crisostomo,
Ambrogio, Basilio arriveranno ad esporre una rivoluzionaria dottrina sociale
che pone poveri e ricchi in rapporto di servizio e d’amore reciproci. Basilio
realizza un’opera sociale di grande impegno, una cittadella chiamata Basiliade
nella quale operavano un gran numero di servizi a favore dei viandanti, dei
malati, dei poveri.
Non si tratta di semplice filantropia, ma del
risultato di una nuova visione di fede: Gesù si è identificato con ogni
persona, soprattutto con gli ultimi.
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