Allo
spuntare del sole la giornata si presenta già luminosissima. Scendiamo lungo l’autostrada
del sole che si snoda tra la catena marittima e quella della Sila. Proseguiamo su
una strada sinuosa in mezzo ai boschi fino a Scigliano. Ci attendono sei giovani
suore Clarisse, chiuse in un bel conventino. Sembra d’essere alla fine del
mondo, ma dopo un attimo sembra d’essere al centro del mondo.
Messa
seguita da una vivace conversazione e dalla mia “dotta” conferenza. Il tutto
nella semplicità e nella gioia.
Nel
pomeriggio breve visita al quartiere che sale sulla riva del torrente Crati opposta
rispetto alla città vecchia. Ville e palazzi eleganti. Primo tra tutti quello
che accoglie il palazzo Arnone che accoglie la Galleria nazionale. L’allestimento
moderno, con estremo gusto, dà rilievo alle poche scelte bellissime tele. Un’attrattiva
particolare l’ala con gli schizzi a matita di Boccioni.
Continuano
gli esercizi spirituali, con colloqui che mi aprono su inediti scenari di vita
familiare e sociale.
La frequenza
alle mie conversazioni è sempre alta. Rimaniamo sempre nel cenacolo dell’ultima
cena, in particolare con il pane spezzato e il vino versato,
Mi
colpisce soprattutto quel gesto dello spezzare il pane, che rimarrà indelebile
nella mente dei discepoli. I due di Emmaus riconobbero Gesù allo spezzare del
pane (cf. Lc 24, 30); la prima comunità cristiana era perseverante «nello
spezzare il pane» (Atti 2, 42), «spezzavano il pane nelle case» (Atti 2, 46). A
Troade la comunità si riuniva il primo giorno della settimana per «spezzare il
pane» (Atti, 20, 7), così come durante la tempesta sul mare, prima di approdare
a Malta, sulla nave Paolo «prese un pane… e lo spezzò» (Atti 27, 35). L’espressione
“spezzare il pane” (klásis tou ártou) non si trova nella grecità classica, è tipica
dei racconti evangelici, al punto da diventare quasi una formula “tecnica” per designare
l’eucaristia, anche se presto si imporrà quest’ultimo termine, “eucaristia”, legato
al “rendimento di grazie”.
È un
gesto che indica condivisione, comunione di mensa, fraternità. È il gesto del
capofamiglia, che genera la fraternità. Ancora a casa mia, quand’ero ragazzo,
nessuno pensava di prendersi il pane da solo, era sempre il babbo che a tavola lo
divideva e lo distribuiva. È così che ci si riconosce fratelli. Un unico pane
diviso tra tutti. Niente di più semplice e di più solenne che mangiare lo
stesso pane. «Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di
Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti
infatti partecipiamo all’unico pane» (1 Cor 10, 16-17).
Pane
spezzato e vino versato, l’Eucaristia è dono estremo che domanda d’essere
assunto nella reciprocità di donazione e di comunione, fino ad essere
trasformati, a nostra volta, in pane spezzato e donato per gli altri. L’atto di
Gesù che si dona continua in colui che di lui si nutre: «In questo abbiamo
conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi
anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16; cf. 4, 7-11).
Nessun commento:
Posta un commento