venerdì 8 marzo 2019

Due casse rivoltate per altare



Tempo fa, passeggiando per le strade del quartiere di quant’ero ragazzo, ho visto una targa che è lì da dieci anni, ma che non avevo mai notato. Ricorda l’arrivo degli Oblati a Prato. Erano i primi di ottobre del 1956 quando p. Carlo Irbicella giunse in città e diede vita ad una delle più belle esperienze vissute dagli Oblati in Italia. (Mia mamma amava ricordare spesso l’incontro che parecchi anni più tardi avemmo a Roma con p. Carlo, nella chiesa del SS Crocifisso, dove era parroco, e le parole che gridò rivolto verso di me, con quella voce possente di predicatore incallito: “Fabio, sei il mio orgoglio!”)

La targa recita: «In questo magazzino, il 7 ottobre 1956, “su due casse rivoltate”, fu celebrata la prima S. Messa parrocchiale. Questo locale fu la prima cappella della nuova parrocchia di Gesù Divin Lavoratore…».
Visto di fronte il magazzino sembra piccolo, ma è abbastanza profondo: di lato sono tre gli sporti che si aprono sulla strada.


Nella mia Piccola storia ricordo così quegli inizi, quando avevo otto anni: «Il primo Oblato l’avevo incontrato che ero ancora bambino, p. Carlo Irbicella, venuto a Prato per dar vita ad una nuova par­rocchia. Gli Oblati erano stati invitati a Prato perché avevano predicato, assieme ad altri re­ligiosi, la missione cittadina. P. Carlo arrivò da solo. Credo che allora fa­cesse ancora parte della comunità di Firenze. Aveva preso alloggio nella famiglia Gelsumini (chi avrebbe immaginato che il bambino dei Gelsumini sarebbe poi diventato mio cognato!). In attesa di costruire la chiesa celebrava la messa in un garage. La presenza di questo missio­nario fece subito molta impressione, in una città piccola come Prato. Ancora oggi tanti ne conservano un bel ricordo. Il babbo qualche volta andava alla messa in questo garage e portava an­che me. Ho un solo indelebile ricordo: alla messa – forse era per l’Azione cattolica – c’erano solo uo­mini e mi face impressione sia come gli uomini stavano attenti alle parole del Padre, sia come erano generosi nel dare i soldi per la nuova chiesa. Tutto questo bastava perché anche agli occhi miei, di bambino, quell’uomo fosse un grand’uomo!».

Leggendo nella targa che la messa veniva celebrata “su due casse rivoltate”, mi è venuto da sorridere. Oggi chi sa più com’erano una volta le “casse da filato”, quelle di legno con le quali, tra l’altro, giocavano da bambini. Mi sono fatto mandare da mio cugino Andrea, appassionato di storia locale, alcune foto di allora con quelle casse. Riusciranno a dare l’idea di come fosse quell’altare e di come fossero semplici e intraprendenti gli Oblati e i pratesi di allora?


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