Affresco della trasfigurazione nella cattedrale di Aix-en-Provence |
Sulla
trasfigurazione ho scritto tante volte su questo blog in occasione della
seconda domenica di Quaresima, in occasione della sua festa il 6 agosto, e in
occasione delle mie ascensioni sul Monte Tabor durante i viaggi in Terra Santa.
Quest’anno,
nella lettura del Vangelo, mi colpisce il volto di Gesù che i tre discepoli contemplano
al loro risveglio. Il fatto che dormissero mi ha fatto sempre pensare che la
trasfigurazione fosse avvenuto di notte, il momento nel quale Gesù era solito
pregare.
Mentre
i tre dormivano “il suo volto cambiò di aspetto”, e quando essi si svegliarono “videro
la sua gloria”.
Chissà
com’era bello il volto del Signore trasfigurato. Nel buio della notte la sua luce
avrà avuto uno splendore straordinariamente luminoso. Era già il volto del
Risorto che anticipava la sua gloria.
Quel
momento mi richiama una scena analoga.
Siamo
ancora di notte, i tre apostoli sono ancora una volta vinti dal sonno. Come sul
Tabor il Signore veglia e prega. Questa volta è preso da paura e angoscia
mortale, suda sangue. Non gli appaiono Mosè ed Elia, ma un angelo a consolarlo.
Anche
questa volta, nell’orto degli ulivi, Pietro, Giacomo e Giovanni si svegliano e
guardano Gesù. Non vedono la sua “gloria”, vedono una maschera di sangue, un
uomo impaurito da morire, che chiede la carità di qualcuno che gli stia
accanto, che lo sostenga nella lotta che sta per affrontare…
Vedono
il volto del dolore.
In
quel momento si saranno ricordati di come Gesù splendeva di luce sul Tabor?
Saranno stati capaci di sovrapporre i due volti e riconoscere in essi l’unico
loro Signore?
Forse
è proprio questo il messaggio che la Chiesa vuole rivolgerci ponendo all’inizio
della Quaresima il racconto della trasfigurazione. È come se mettesse le mani
in avanti per dirci: stiamo andando verso la Passione di Gesù, vi
scandalizzerete nel vedere il figlio di Dio condannato a morte, deriso e
flagellato e ucciso…? Vi scandalizzerete nel vedere il mio volto sfigurato dalla
corruzione dei miei uomini di Chiesa e dai loro peccati? Vi scandalizzerete
quando anche voi vi sentirete abbandonati anche da Dio?
La
Chiesa ci mostra il volto luminoso di Cristo sul Tabor perché lo stampiamo in
cuore e lo sappiamo riconoscere anche quando sul Calvario è pieno di sangue. È lo
stesso Signore!
Domani
andrò a san Giovanni in Fiore, l’abazia di Gioacchino da Fiore. Questa
straordinaria figura “profetica”, come la ricorda Dante nel suo Paradiso, ha
iniziato la sua straordinaria avventura proprio sul Tabor, durante la sua
permanenza in Terra Santa. Egli stesso racconta che su quel monte, verso il
1168, capì che la sua vocazione sarebbe stata quella di contemplare e
commentate le Sacre Scritture (Mosè e Elia, la Legge e i Profeti, l’Antico Testamento;
Gesù, il Nuovo Testamento), qui ebbe una visione che gli avrebbe dischiuso,
come scrive ancora lui stesso, la comprensione della Parola di Dio.
Possiamo
fare nostra l’orazione della liturgia in suo onore che pregavano i suoi monaci
nel 1200:
«O Dio,
che sul monte Tabor hai manifestato la tua gloria ai tre Apostoli, e nello stesso
luogo hai rivelato al beato Gioacchino la verità della Scrittura, ti preghiamo,
per i suoi meriti e la sua intercessione, fa che ascendiamo a Colui che è via,
verità e vita».
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