lunedì 18 marzo 2019

L'unità di Chiara Lubich



Essendo a Cosenza sono stato invitato a commemorare l’anniversario della partenza per il cielo di Chiara Lubich. Il tema affidatomi era ben preciso: La spiritualità di Comunione risposta alle sfide della società moderna. Sono dunque andato al cuore del carisma, l’unità.

«Ogniqualvolta […] ci viene chiesto come si potrebbe definire la nostra spiritualità, e quale la differenza fra il dono che Dio ha elargito al nostro Movimento e quelli di cui ha abbellito e arricchito altri nella Chiesa, oggi o attraverso i secoli, noi non esitiamo a dire: l’unità. L’unità è la nostra specifica vocazione. L’unità è ciò che caratterizza il Movimento dei Focolari».
Così scriveva Chiara Lubich nel 1984 nel suo libro L’unità e Gesù Abbandonato.
La centralità dell’unità nel dono carismatico della Lubich emerse fin dai primi momenti quando, nell’infuriare della Seconda guerra mondiale, durante i bombardamenti sulla città, Chiara, rifugiandosi in una cantina assieme ad altre ragazze, a lume di candela lesse il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni. Lei stessa narra: «Quelle parole difficili sembrano illuminarsi, a una a una. Abbiamo l’impressione di comprenderle. Avvertiamo, soprattutto, la certezza che quella è la “magna charta” della nostra nuova vita e di tutto ciò che sta per nascere attorno a noi».
Con un’intuizione essenziale ma efficace, la Lubich vede altre spiritualità concentrarsi attorno a una parola e si confronta con esse per cogliere la propria specificità: «Come può essere la “povertà” per il Movimento francescano, l’“obbedienza”, forse, per i gesuiti, “la piccola via” per chi segue santa Teresa di Lisieux, l’“orazione” per i carmelitani di santa Teresa la Grande, e così via.
L’unità è la parola sintesi della nostra spiritualità». Si sente chiamata a far propria la preghiera di Gesù al Padre e a rispondere, assieme alle prime amiche, al desiderio di Gesù in essa espresso: l’unità andrà vissuta prima di tutto tra di loro. Gradatamente avverte la spinta a coinvolgere il più gran numero di persone nel disegno divino dell’unità, contribuendo così all’attuazione dell’Ut omnes unum sint (cf. Gv 17, 21).
«Consce della difficoltà, se non della impossibilità di mettere in pratica un tale programma, ci sentiamo spinte a chiedere a Gesù la grazia d’insegnarci il modo di vivere l’unità. Inginocchiate attorno ad un altare, offriamo a lui le nostre esistenze perché con esse – se crede – Egli la possa realizzare. È – a quanto ci ricordiamo – la festa di Cristo Re. Ci colpiscono le parole della liturgia di quel giorno: “Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” [Sal 2, 8]».


Da quei lontani anni Quaranta del secolo scorso il Movimento dei Focolari, con la guida della sua fondatrice e animatrice, ha dilatato gli orizzonti dell’unità in campo ecumenico, nel dialogo tra le religioni e le persone di convinzioni non religiose, fino a raggiungere gli ambiti della politica, dell’economia e i più diversi campi sociali.
Essa trova la sua radice in Gesù crocifisso e abbandonato che, nel dono estremo di sé al Padre nel mistero della croce, e più propriamente nel momento in cui prova l’abbandono dal Padre, è compreso come autore e modello dell’unità fra Dio e gli uomini e degli uomini fra di loro. Gradatamente si fa sempre più evidente il legame tra l’unità e Gesù abbandonato, che appare come il “segreto”, la “condizione” per la sua attuazione. Può così ben presto affermare: «Il libro di luce, che il Signore va scrivendo nella mia anima, ha due aspetti: una pagina lucente di misterioso amore: Unità. Una pagina luminosa di misterioso dolore: Gesù abbandonato. Sono due aspetti di un’unica medaglia».

Oggi il carisma dell’unità e la sua spiritualità, donati dallo Spirito a Chiara Lubich, sembrano rispondere provvidenzialmente alla domanda di una spiritualità comunitaria che Giovanni Paolo II ha avanzato per tutta la Chiesa del nuovo millennio: «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia […]. Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione». Giovanni Paolo II ha riconosciuto esplicitamente l’influsso che la “spiritualità di comunione” dell’Opera di Maria (nome ufficiale del Movimento dei Focolari) ha esercitato sulla Chiesa nella seconda metà del Novecento. In una lettera indirizzata a “cardinali e vescovi amici del Movimento dei Focolari”, evidenzia la straordinaria somiglianza fra la “spiritualità di comunione” da lui proposta e la “spiritualità dell’unità” propria di Chiara Lubich, sino a evidenziarne la convergenza: «“la spiritualità dell’unità” e “della comunione”» caratterizzano «il vostro Movimento». In un’altra lettera, sempre rivolta a un gruppo di vescovi, il papa mostra come la spiritualità di comunione, che egli indica alla Chiesa intera, può essere arricchita da cardini della spiritualità dell’unità di Chiara Lubich.
Non c’è da meravigliarsi se un carisma, che per sua natura è dato per il bene della Chiesa, viene accolto e fatto proprio dalla Chiesa, come lo è stata ad esempio la pratica degli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola o la devozione al cuore di Gesù messa in evidenza da esperienze mistiche legate a persone particolari.
Siamo appena all'inizio del terzo millennio; siamo appena agli inizi del cammino verso l'unità, che caratterizzerà il millennio. Siamo ancora tanto lontano dal realizzarla, a volte ci sembra quasi impossibile e verrebbe da scoraggiarci. Ma noi puntiamo decisamente verso questa meta, per attuare il sogno di Dio, con fede e speranza.


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