Essendo a Cosenza sono
stato invitato a commemorare l’anniversario della partenza per il cielo di
Chiara Lubich. Il tema affidatomi era ben preciso: La spiritualità di Comunione risposta alle sfide della società moderna.
Sono dunque andato al cuore del carisma, l’unità.
«Ogniqualvolta […]
ci viene chiesto come si potrebbe definire la nostra spiritualità, e quale la
differenza fra il dono che Dio ha elargito al nostro Movimento e quelli di cui
ha abbellito e arricchito altri nella Chiesa, oggi o attraverso i secoli, noi
non esitiamo a dire: l’unità. L’unità è la nostra specifica vocazione. L’unità
è ciò che caratterizza il Movimento dei Focolari».
Così scriveva Chiara Lubich nel 1984 nel suo libro L’unità
e Gesù Abbandonato.
La centralità dell’unità nel dono carismatico della Lubich
emerse fin dai primi momenti quando, nell’infuriare della Seconda guerra
mondiale, durante i bombardamenti sulla città, Chiara, rifugiandosi in una
cantina assieme ad altre ragazze, a lume di candela lesse il capitolo 17 del
Vangelo di Giovanni. Lei stessa narra: «Quelle parole difficili sembrano
illuminarsi, a una a una. Abbiamo l’impressione di comprenderle. Avvertiamo,
soprattutto, la certezza che quella è la “magna charta” della nostra nuova vita
e di tutto ciò che sta per nascere attorno a noi».
Con un’intuizione essenziale ma efficace, la Lubich vede
altre spiritualità concentrarsi attorno a una parola e si confronta con esse
per cogliere la propria specificità: «Come può essere la “povertà” per il
Movimento francescano, l’“obbedienza”, forse, per i gesuiti, “la piccola via”
per chi segue santa Teresa di Lisieux, l’“orazione” per i carmelitani di santa
Teresa la Grande, e così via.
L’unità è la parola sintesi della nostra spiritualità». Si
sente chiamata a far propria la preghiera di Gesù al Padre e a rispondere,
assieme alle prime amiche, al desiderio di Gesù in essa espresso: l’unità andrà
vissuta prima di tutto tra di loro. Gradatamente avverte la spinta a
coinvolgere il più gran numero di persone nel disegno divino dell’unità,
contribuendo così all’attuazione dell’Ut omnes unum sint (cf. Gv 17,
21).
«Consce della
difficoltà, se non della impossibilità di mettere in pratica un tale programma,
ci sentiamo spinte a chiedere a Gesù la grazia d’insegnarci il modo di vivere
l’unità. Inginocchiate attorno ad un altare, offriamo a lui le nostre esistenze
perché con esse – se crede – Egli la possa realizzare. È – a quanto ci
ricordiamo – la festa di Cristo Re. Ci colpiscono le parole della liturgia di
quel giorno: “Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini
della terra” [Sal 2, 8]».
Da quei lontani anni Quaranta del secolo scorso il
Movimento dei Focolari, con la guida della sua fondatrice e animatrice, ha
dilatato gli orizzonti dell’unità in campo ecumenico, nel dialogo tra le
religioni e le persone di convinzioni non religiose, fino a raggiungere gli
ambiti della politica, dell’economia e i più diversi campi sociali.
Essa trova la sua radice in Gesù crocifisso e abbandonato
che, nel dono estremo di sé al Padre nel mistero della croce, e più
propriamente nel momento in cui prova l’abbandono dal Padre, è compreso come
autore e modello dell’unità fra Dio e gli uomini e degli uomini fra di loro.
Gradatamente si fa sempre più evidente il legame tra l’unità e Gesù
abbandonato, che appare come il “segreto”, la “condizione” per la sua
attuazione. Può così ben presto affermare: «Il libro di luce, che il Signore va
scrivendo nella mia anima, ha due aspetti: una pagina lucente di misterioso
amore: Unità. Una pagina luminosa di misterioso dolore: Gesù
abbandonato. Sono due aspetti di un’unica medaglia».
Oggi il carisma dell’unità e la sua spiritualità, donati
dallo Spirito a Chiara Lubich, sembrano rispondere provvidenzialmente alla
domanda di una spiritualità comunitaria che Giovanni Paolo II ha avanzato per
tutta la Chiesa del nuovo millennio: «Fare della Chiesa la casa e la scuola
della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che
inizia […]. Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una
spiritualità della comunione». Giovanni Paolo II ha riconosciuto
esplicitamente l’influsso che la “spiritualità di comunione” dell’Opera di
Maria (nome ufficiale del Movimento dei Focolari) ha esercitato sulla Chiesa
nella seconda metà del Novecento. In una lettera indirizzata a “cardinali e
vescovi amici del Movimento dei Focolari”, evidenzia la straordinaria
somiglianza fra la “spiritualità di comunione” da lui proposta e la
“spiritualità dell’unità” propria di Chiara Lubich, sino a evidenziarne la
convergenza: «“la spiritualità dell’unità” e “della comunione”» caratterizzano
«il vostro Movimento». In un’altra lettera, sempre rivolta a un gruppo di
vescovi, il papa mostra come la spiritualità di comunione, che egli indica alla
Chiesa intera, può essere arricchita da cardini della spiritualità dell’unità
di Chiara Lubich.
Non c’è da meravigliarsi se un carisma, che per sua natura
è dato per il bene della Chiesa, viene accolto e fatto proprio dalla Chiesa,
come lo è stata ad esempio la pratica degli esercizi spirituali di Ignazio di
Loyola o la devozione al cuore di Gesù messa in evidenza da esperienze mistiche
legate a persone particolari.
Siamo appena all'inizio del terzo millennio; siamo appena agli inizi del cammino verso l'unità, che caratterizzerà il millennio. Siamo ancora tanto lontano dal realizzarla, a volte ci sembra quasi impossibile e verrebbe da scoraggiarci. Ma noi puntiamo decisamente verso questa meta, per attuare il sogno di Dio, con fede e speranza.
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