domenica 23 dicembre 2018

Natale con i tuoi


Chissà se ancora si ricorda il vecchio proverbio: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”.
La realtà del “Natale con i tuoi”, dell’armonia gioiosa del ritrovarsi insieme, sembra smentita da quando ci raccontano ogni giorno i mass media: più della metà dei matrimoni finisce in divorzo o separazione, violenze d’ogni tipo dentro le mura domestiche, alterazioni della famiglia naturale nelle più diverse contraffazioni, figli sballottati da un genitore all’altro o confinati dai nonni… Come ritrovarsi in famiglia a Natale se la famiglia non c’è più?

Nella lingua ebraica della Bibbia non esiste la parola “matrimonio”. Si dice piuttosto: la moglie di…, il marito di… Anch’io ho sempre chiamato i miei vicini di casa come Giovanni della Lara, Giovanni dell’Ilva… È un linguaggio che indica il matrimonio come relazione, rapporto tra persone; vi affiora l’idea di famiglia come riflesso della Santissima Trinità, di Dio Amore. Quando Gesù volle tradurre in termine umani ed adattare a noi la legge di vita che regola i rapporti tra le Tre divine Persone enunciò la grande legge dell’amore reciproco: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. L’ingranaggio che tiene viva la famiglia è proprio la reciprocità dell’amore tra tutti i suoi membri. 

“È stupendo - commentava Igino Giordani, un uomo con moglie e quattro figli, ormai avviato alla beatificazione -. Un vero canto all'amore, che passa tra marito e moglie e prole (tre soggetti che formano l'immagine e la somiglianza umana della Trinità divina, dove tre persone per l'amore fanno uno); l'amore coniugale s'inserisce nello stesso amore - diventa lo stesso amore - che unisce le Persone divine”.

Perché allora “Natale con i tuoi”? Con i tuoi per fare cosa? Forse proprio per riscoprire la natura della famiglia, dove l’amore fa vivere ognuno dei suoi membri per l’altro, nella reciprocità della donazione, dell’accoglienza, dell’appartenenza. Uno dei grandi Padri della Chiesa, Giovanni Crisostomo, parlando alle famiglie ricordava che “l’amore e la concordia sono da anteporre a tutto perché a qualsiasi cosa sono da preferire”: “Gli sposi facciano qualsiasi cosa come se avessero una sola anima e fossero un solo corpo. Questo è il vero matrimonio, quando così grande è la concordia tra di loro, quando così sono incatenati tra di loro dal vincolo della carità”.

L’amore, lo sappiamo, non è soltanto sentimento, è molto di più: è donazione di sé fino al sacrificio, è pazienza, capacità di ascolto, di perdono, impegno a ricominciare… Non per niente quando Gesù ha donato il comandamento dell’amore ha indicato anche la modalità della sua attuazione: amarci come lui ci ha amato. Poco prima, con il gesto della lavanda dei piedi, aveva mostrato come si ama concretamente. Aveva anche detto che non c’è amore più grande di chi dà la vita per gli amici.

A queste condizioni la famiglia diventa un’altra famiglia di Nazaret, una “piccola chiesa”, il luogo dove Gesù si fa nuovamente presente. Lui stesso ha promesso di essere là dove due o tre sono uniti nel suo nome. “Chi sono i due o i tre riuniti in nome di Cristo, in mezzo ai quali sta il Signore? - si domandava un altro grande Padre della Chiesa, Clemente Alessandrino -. Non sono forse l’uomo, la donna e il figlio dal momento che l’uomo e la donna sono uniti da Dio?”. Se in famiglia c’è l’amore, c’è Gesù, e se c’è Gesù è sempre Natale.


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