Quando la stanza
d’improvviso si fa disadorna e vuota, e rimane deserta?
Può dipendere da noi.
Gesù pone infatti una condizione perché la stanza sia abitata: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola…». Se non lo si
ama, se concretamente non si segue il suo comando, tutto concentrato nell’amore
il nostro prossimo, lentamente ci si svuota… Il rapporto va coltivato amando a
fatti e nella verità.
Eppure a
volte, indipendentemente da quanto lo amiamo e da quanto osserviamo la sua
parola, Dio sparisce. Il colloquio
con lui sembra diventare un monologo. «Anche se grido e invoco aiuto, egli
soffoca la mia preghiera» (Lm 3, 8).
Per Gesù stesso, abituato a dialogare con il Padre, giunge il momento nel quale
egli non risponde. Sono sue le parole di Giobbe: «Io
grido a te, ma tu non mi rispondi, insisto, ma tu non mi dai retta» (30, 20); sue le
parole del Salmo: «Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo», fino a ripetere
con esse: «Dio mio, Dio mio, perché
anche tu mi hai abbandonato?» (22, 2-3). Colui da cui sgorgava l’acqua viva si
trova con il palato “arido come un cuccio”, con la lingua “incollata alla gola”
(cf. 22, 16) e grida la sua sete (cf. Gv
19, 28))
Nella stanza nella quale
si era fatta presente l’intera Trinità, sembra non esserci più nessuno. Non è
più quindi possibile il colloquio. Si ha l’impressione di parlare ad alta voce
con se stessi, come i pazzi.
È la
notte. Come la sposa del Cantico inutilmente si cerca nella stanza l’amato:
«l’ho cercato, ma non l’ho trovato» (3, 1). È il senso del vuoto e della
solitudine che prima o poi tutti passiamo.
Non è soltanto
l’esperienza dei grandi mistici. Anche nella nostra piccola quotidiana
esistenza giungono momenti in cui Dio sembra aver lasciato la nostra stanza ed
essersi ritirato lontano, irraggiungibile, disinteressato alla nostra supplica.
Dov’è quando muore un figlio giovane, quando si è vittime innocenti di
ingiustizie e violenze, quando esplodono le guerre? O più semplicemente perché
non mi risponde quando ho bisogno di aiuto nella vita d’ogni giorno e lo prego
per il lavoro, per l’armonia quotidiana. Dove trovarlo Dio, se se ne andato di
casa e mi ha lasciato solo?
Guai dare facili
risposte, perché ci sono risposte facili. C’è il difficile, il duro del Vangelo
che domanda di perdere la vita per ritrovarla (cf. Mc 8, 35), la morte dell’uomo vecchio per accedere alla vita dell’uomo nuovo (cf. Rom 6, 6-11), il cadere in terra e
morire del chicco di grano perché porti frutto (cf. Gv
12, 24), così come soltanto con la potatura la vita porta frutto (cf. Gv
15, 2). Nei suoi discorsi di addio Gesù l’aveva annunciato: «ancora un poco e
non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete» (Gv 16, 16). Quanto è lungo
durerà quel “poco” senza vederlo, senza sentirlo? Quanto dobbiamo aspettare? (continua….)
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