Sono appena riemerso da
un tuffo nel passato che mi ha portato indietro di oltre duemila anni. Strato
dopo strato, l’antico sito di San Sisto Vecchio mi ha mostrato i mosaici della
villa romana, le colonne della basilica paleocristiana, la sala capitolare di
san Domenico, gli affreschi due-trecenteschi di Pietro Cavallini recuperati da
vecchie intercapedini e ancora inaccessibili al pubblico a causa dell’arresto
dei restauri per mancanza di fondi, oltre che per le solite imbrigliature
burocratiche.
Mi basta riaccendere il
cellulare per vedere apparire sul display le solite news telegrafiche che mi
risvegliano dal sogno: nuovi massacri su vasta scala e altri di portata
domestica, nuovi sbarchi e naufragi di profughi, l’innalzamento dell’indice di
disoccupazione e il calo di quello dei consumi… Per un momento mi sento quasi
in colpa. Davanti a situazioni così drammatiche posso ancora permettermi di
gustare la bellezza del nostro patrimonio artistico e ripercorre l’affascinante
storia dei nostri antichi con le loro straordinarie avventure?
Nei momenti di crisi,
soprattutto di natura economica ma anche politica o valoriale, la prima mossa è
il taglio delle spese per la cultura: prima vivere, poi filosofare. Gli investimenti,
familiari e pubblici, si fanno più selettivi a scapito di quella voce generica
che è appunto la cultura. Si chiudono biblioteche e musei, librerie e case
editrici, teatri e cinema.
Ma è davvero superflua la
cultura? Tante manifestazione di violenza mi sembrano proprio il sintomo di
mancanza di cultura, di imbarbarimento. I guerriglieri di Boko Haran, che
ripudiano i libri occidentali, hanno mai letto un libro della grande
letteratura filosofica, mistica, poetica musulmana? I giovani dell’Occidente
che si arruolano tra i mujaheddin hanno mai visitato la Grande moschea di
Cordoba o la Cappella Palatina di Palermo? Gli arricchiti esosi e spendaccioni di
casa nostra sanno cos’è il mecenatismo. Quanti sgozzano moglie e figli hanno
mai letto Kahlil Gibran, Rabindranath
Tagore, Pablo Neruda, Francesco Petrarca? Meglio una pizza in meno e un libro
in più.
È promuovendo e
coltivando la cultura che possiamo sperare creatività in politica e in
economia, rinascita di etica sociale, gusto per l’impegno nella ricerca. “La
bellezza salverà il mondo” non è soltanto una bella frase retorica.
Nessun commento:
Posta un commento