Il racconto del viaggio in Terra Santa di Sabrina,
mi ha richiamato quello di Chiara Lubich negli anni ’50. Ne ho riportato gli
ultimi capoversi nel libro sull’Eucaristia appena edito:
Vidi tanti altri posti,
seguii tante strade che Gesù aveva fatte, osservai luoghi che Gesù aveva
osservato, mi passarono sotto gli occhi pietre, pietre e pietre ancora…
E ogni pietra diceva una
parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta
inondata, tutta piena della presenza di Gesù.
Ricordo con evidenza
d’essermi, al settimo giorno, scordata letteralmente della mia patria, dei miei
conoscenti, dei miei amici, di tutto. Io mi vedevo là, immobile ed estatica,
spiritualmente pietrificata tra quelle pietre, senz’altro compito che rimanere
e adorare. Adorare fissa con l’anima nell’Uomo Dio, che quelle pietre mi
avevano spiegato, svelato, cantato, esaltato!
Un solo pensiero mi
smosse e mi fece tornare. C’era anche in Italia un posto, che valeva di più di
quei luoghi, dove avrei trovato Gesù vivo: era il tabernacolo, ogni tabernacolo
con Gesù eucaristia.
Mentre l’aereo ci
riportava, pensando e meditando, compresi per la prima volta come certi
musulmani s’accechino dopo aver visto la Mecca e i luoghi per loro sacri,
perché più nulla hanno da vedere – secondo loro – di migliore.
Noi no; col Dio dei vivi,
possiamo tener gli occhi aperti anche dopo aver visto la Terra Santa,
purché non si veda che Gesù, Gesù nell’Ostia santa, Gesù nei fratelli,
Gesù nelle circostanze liete e tristi della vita.
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