venerdì 29 luglio 2022

Carismi al centro?

 


Camposampiero. Per la prima volta mi trovo nei due santuari che raccolgono la memoria di sant’Antonio da Padova: quello nel quale gli è apparso Gesù bambino che ha preso in braccio e quello nel quale vi era il noce con sopra la capanna che lo ha visto abitare gli ultimi tempi della sua vita.

Sono qui con la Segreteria del Movimento Carismi per l’Unità, alla quale, tra l’altro, indirizzo una parola, seguendo il tema che mi è stato affidato, dal titolo “Carismi al centro”. Riporto il testo del mio intervento:

“Carismi al centro”: espressione difficile, che potrebbe prestarsi a qualche equivoco. Al centro di cosa? Della nostra vita di persone chiamate a partecipare ad un carisma? delle nostre comunità? della Chiesa? (In Ripartire da Cristo si legge in proposito: «i carismi dei fondatori e delle fondatrici, essendo stati suscitati dallo Spirito per il bene di tutti, devono essere di nuovo ricollocati al centro stesso della Chiesa» (n. 31).

Il contesto del nostro incontro individua facilmente il “centro” a cui si fa riferimento: al centro dei rapporti tra laici e consacrati partecipi del medesimo carisma. È proprio il comune carisma che fa da collante tra le molteplici espressioni della Famiglia carismatica.

Prima di inoltrarci in questo tema, occorre una premessa, ovvia ma che deve essere sempre richiamata: al centro sempre e ovunque sta Cristo. Lo ha ripetuto tante volte papa Francesco. Possiamo ascoltare ad esempio quello che disse ai membri di Comunione e Liberazione, incontrati in massa in Piazza San Pietro a 60 anni dall’inizio del Movimento fondato da don Luigi Giussani:

Dopo sessant’anni, il carisma originario non ha perso la sua freschezza e vitalità. Però, ricordate che il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù, Gesù Cristo! Quando metto al centro il mio metodo spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di strada. Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere “decentrati”: al centro c’è solo il Signore! Per questo, quando Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi parla dei carismi, di questa realtà così bella della Chiesa, del Corpo Mistico, termina parlando dell’amore, cioè di quello che viene da Dio, ciò che è proprio di Dio, e che ci permette di imitarlo. Non dimenticatevi mai di questo, di essere decentrati! (7 marzo 2015)

Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium aveva ricordato il compito a cui sono chiamati i carismi all’interno della Chiesa, vedendoli convergere pienamente verso il centro stesso Chiesa, che è naturalmente Cristo Signore, per offrire la propria spinta evangelizzatrice. I carismi

non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca; piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice.

Per questo, come leggiamo sempre in Evangelium gaudium, «È nella comunione […] che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo» (n. 130). Una comunione che vogliamo vivere ad ampio raggio, tra tutte le componenti ecclesiali e in particolare – per quanto ci riguarda in questo momento – tra le Famiglie carismatiche.

La Famiglia carismatica

Come sappiamo l’invito a ravvivare la Famiglia carismatica è emerso in modo particolare in occasione dell’Anno della vita consacrata. Una delle attese di papa Francesco riguardava innanzitutto la comunione tra i diversi Istituti:

Mi aspetto – leggiamo nella Lettera d’indizione – che cresca la comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica. La comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità».

La Lettera prosegue con una nuova richiesta, molto più ampia. Il Papa domanda la condivisione tra l’insieme delle vocazioni, maschili e femminili, religiosi, secolari e laicali, legate all’uno o all’altro Istituto, condividendo lo stesso carisma. Questo insieme di realtà il Papa le chiama, forse per la prima volta, “Famiglia carismatica”. Il testo inizia riferendosi ai laici, ma subito si estende alle molteplici espressioni con cui è vissuto un medesimo carisma:

Con questa mia lettera, oltre che alle persone consacrate, mi rivolgo ai laici che, con esse, condividono ideali, spirito, missione. Alcuni Istituti religiosi hanno un’antica tradizione al riguardo, altri un’esperienza più recente. Di fatto attorno ad ogni famiglia religiosa, come anche alle Società di vita apostolica e agli stessi Istituti secolari, è presente una famiglia più grande, la “famiglia carismatica”, che comprende più Istituti che si riconoscono nel medesimo carisma, e soprattutto cristiani laici che si sentono chiamati, proprio nella loro condizione laicale, a partecipare della stessa realtà carismatica.

La Lettera si sofferma in modo particolare sui laici, senza tuttavia dimenticare gli altri gruppi – la “famiglia”:

Incoraggio anche voi, laici, a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevoli del dono ricevuto. Celebratelo con tutta la “famiglia”, per crescere e rispondere insieme alle chiamate dello Spirito nella società odierna. In alcune occasioni, quando i consacrati di diversi Istituti quest’Anno si incontreranno tra loro, fate in modo di essere presenti anche voi come espressione dell’unico dono di Dio, così da conoscere le esperienze delle altre famiglie carismatiche, degli altri gruppi laicali e di arricchirvi e sostenervi reciprocamente.

Gli incontri che Papa Francesco ha avuto successivamente con le Famiglie carismatiche è stata l’occasione per mettere nuovamente in luce questa realtà e per incoraggiare il cammino intrapreso in questa direzione. Ricordo solo quello con i Camilliani, dove tra l’altro il Papa indica nel “carisma al centro” la peculiarità della Famiglia carismatica:

Dal carisma suscitato inizialmente in San Camillo, si sono via via costituite varie realtà ecclesiali che formano oggi un’unica costellazione, cioè una “famiglia carismatica” composta di religiosi, religiose, consacrati secolari e fedeli laici. Nessuna di queste realtà è da sola depositaria o detentrice unica del carisma, ma ognuna lo riceve in dono e lo interpreta e attualizza secondo la sua specifica vocazione, nei diversi contesti storici e geografici. Al centro rimane il carisma originario, come una fonte perenne di luce e di ispirazione, che viene compreso e incarnato in modo dinamico nelle diverse forme. Ognuna di esse viene offerta alle altre in uno scambio reciproco di doni che arricchisce tutti, per l’utilità comune e in vista dell’attuazione della medesima missione. (…) Cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a coltivare sempre tra voi la comunione, in quello stile sinodale che ho proposto a tutta la Chiesa, in ascolto gli uni gli altri e tutte e tutti in ascolto dello Spirito Santo, per valorizzare l’apporto che ogni singola realtà offre all’unica Famiglia, così da esprimere più compiutamente le molteplici potenzialità che il carisma racchiude. Siate sempre più consapevoli che “è nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo”. (18 marzo 2019)


Il carisma bene comune

Abitualmente si pensa che il carisma sia una realtà di cui religiosi e religiose sono detentori, perché generalmente all’inizio esso si attualizza in una comunità di consacrati.

Il rapporto religiosi-laici è pensato su un modello che richiama quello tolemaico della terra al centro con il sole e altri pianeti che gli ruotano attorno. Al centro, nel nostro caso, ci sono le persone consacrate – spesso del primo “ramo”, abitualmente maschile –, detentrici del carisma, attorno alle quali ruotano, a cerchi concentrici e a distanze più o meno ravvicinate, prima le persone che intendono condividere il carisma, la spiritualità, la missione dell’Istituto, poi quelle che collaborano con l’aiuto e la preghiera, infine quelle che sono beneficiarie del carisma e che rimangono legate affettivamente in segno di gratitudine.

Forse occorre adottare il sistema copernicano, con il sole al centro e i pianeti che gli ruotano attorno. Al centro, nel nostro caso, si colloca il carisma e attorno, a cerchi concentrici, ruotano le differenti vocazioni illuminate dal carisma. L’“astro” più vicino al sole può essere l’Istituto di persone consacrate che per primo lo ha ricevuto e lo ha incarnato, poi altre persone che partecipano in forma diversa alla sua vita.

L’Istituto di persone consacrate che vive del carisma non ne è detentore esclusivo, lo accoglie sempre come dono: ed esso trascende l’Istituto e può essere colto e attuato in maniera diversa da altri soggetti. Basti pensare a quante istituzioni è stato capace di dar vita il carisma di san Francesco, e ancora sorgono nuove espressioni che ad esso si rifanno: ruotano tutte attorno al suo carisma, non attorno agli antichi Ordini francescani. Il carisma rimane un dono di cui non ci si può appropriare e che sempre sorpassa i destinatari.

Chi rende partecipi i laici del carisma? Lo Spirito che, come lo ha donato alle persone consacrate, lo dona anche ai laici. È lo Spirito che chiama a condividere una esperienza particolare di vita evangelica. Lo stesso, analogamente, può dirsi quando sorgono altre aggregazioni, spesso di vita consacrata, che si ispirano allo stesso fondatore.

Da parte dei consacrati occorrerà, come hanno fatto i fondatori e le fondatrici, testimoniare una esperienza di vita, mostrare la ricchezza, la bellezza, l’efficacia del carisma e con questo attirare e suscitare il desiderio di condividere la medesima esperienza. Da qui la sintonia, la consonanza vocazionale e carismatica dei laici con l’esperienza suscitata nel fondatore-fondatrice e testimoniata dalle persone consacrate che per prime li hanno seguiti. Un carisma vissuto per anni o secoli nella forma della consacrazione, può essere vissuto nel modo laicale, in seno alla famiglia, nell’ambito del lavoro, della politica e rivelare così nuove dimensioni nascoste del carisma.

Se in altri tempi sono stati soprattutto i religiosi e le religiose a creare, nutrire spiritualmente e dirigere forme aggregative di laici, oggi può succedere che siano i laici a coinvolgere i religiosi e le religiose e ad aiutarli anche nel loro cammino spirituale e pastorale, come affermava parecchi fa l’Esortazione postsinodale Christifideles laici: «... gli stessi fedeli laici possono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale» (n. 63). La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico.

Non è anche questo un modo di vivere la sinodalità? Come riconosce la Commissione teologica internazionale nel denso documento intitolato La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, la grande sfida della Chiesa oggi è «intensificare la mutua collaborazione di tutti nella testimonianza evangelizzatrice a partire dai doni e dai ruoli di ciascuno, senza clericalizzare i laici e senza secolarizzare i chierici, evitando in ogni caso la tentazione di “un eccessivo clericalismo che mantiene i fedeli laici al margine delle decisioni” (EG 102)» (n. 104). La partecipazione alla vita della Chiesa – e anche delle Famiglie religiose – dei fedeli laici è essenziale, perché questi «sono l’immensa maggioranza del Popolo di Dio, e si ha molto da imparare dalla loro partecipazione alle diverse espressioni della vita e della missione delle comunità ecclesiali, della pietà popolare e della pastorale d’insieme, così come dalla loro specifica competenza nei vari ambiti della vita culturale e sociale» (n. 73).

Un carisma al centro dei carismi?

Potremmo adesso chiederci: perché ci troviamo qui, rappresentanti dei carismi più vari? cos’è che ci lega tra di noi? Indubbiamente il carisma dell’unità dato alla Chiesa attraverso Chiara Lubich. Questo vuol dire che al “centro” c’è il carisma dell’unità?

Penso valga la pena rileggere una pagina del Paradiso ’49 nella quale Chiara ha una particolare comprensione di Maria. È un testo noto perché riguarda proprio gli inizi, un’esperienza del 18 luglio, anche se il testo è stato scritto diversi anni dopo:

il Verbo di Dio mostrò Maria S.S. Mai anima umana la vide così grande. Era più grande di Dio: fatta da Dio più grande di Sé. Fino allora Maria m’era stata raffigurata come la luna, più grande delle stelle, che mi rappresentavano i santi, meno del sole che rappresentava Dio. Ora La vedevo come il cielo azzurro che conteneva e sole e luna e stelle. Tutto era in lei. (cpv 53-55)

Si dice qui – commenta Chiara – che Maria, “il cielo azzurro”, conteneva e sole e luna e stelle. Conteneva dunque anche la luna, cioè persino se stessa. Ella, infatti, quale madre di Dio, contiene il Figlio di Dio, i santi ed anche se stessa. (nota 63)

Il giorno successivo all’evento, il 19 luglio, aveva scritto in una lettera a Foco:

e m’appariva impossibile che Ella fosse grande, tanto più grande del suo Figlio che contiene in Sé. È veramente Regina del Cielo e della terra! (…) Fuori il cielo era d'un azzurro mai visto ... Allora compresi: il cielo contiene il sole! Maria contiene Iddio! Iddio L’amò tanto da farla Madre sua ed il suo Amore Lo rimpicciolì di fronte a Lei! (cpv 65, 67)

Il disegno del carisma dell’unità mi sembra analogo a quello di Maria, non sta al “centro”, ma attorno, quasi un cielo, un abbraccio che tutto contiene.

Come non ricordare quanto scrive Chiara, sempre nel Paradiso ’49, sulla missione che vede affidare da Dio alla sua Opera:

Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito. (cpv 1089-1090)

Nessuna interferenza, nessuna volontà di porsi al centro, ma un umile servizio – tipicamente “mariano” – perché ogni carisma sia autenticamente sé stesso, ponendolo in comunione con gli altri.

Ecco Maria che attraverso la sua Opera concorre anch’essa oggi, con la sua spiritualità, a far sì che queste aiuole [gli Istituti espressione di un carisma] siano sempre più fiorenti agli occhi di Dio e del mondo. (30 aprile 1982[1])


Al “centro” Gesù in mezzo

Al “centro” allora, tra di noi, ci sarà Gesù in mezzo. E sarà il vero centro di ogni Famiglia carismatica e del più grande movimento di “Carismi per l’unità” e delle Famiglie carismatiche ogni volta che si incontrano tra di loro. Perché questo è il “centro” della Chiesa, Gesù che vive tra quanti sono uniti nel suo nome (Mt 18, 20), egli che ha promesso, come garanzia di autenticità del suo popolo, di essere sempre presente, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20).

Per Chiara tutti i punti della sua spiritualità convergono verso il dodicesimo, la presenza di Gesù tra noi. La loro sequenza è variato negli anni fino a quando, il 20 ottobre 2000, ella intuisce l’ordine definitivo da dare ad essi, ponendo a conclusione “Gesù in mezzo”: «Stanotte – scrive nel Diario –, ad un risveglio, ho avuto la netta impressione d’aver ricevuto una rivelazione (tale e quale)  quando con l’inanellarsi dei punti della spiritualità sono arrivata a capire come aver Gesù tra noi e l’ho visto come un nostro brevetto per aver il quale sono occorse una serie di rivelazioni, una dopo l’altra (= i vari punti della spiritualità)». «Tutta la nostra spiritualità – scriverà ancora Chiara ormai verso la fine della vita –, tutti i suoi punti: Dio Amore, la volontà di Dio, Gesù abbandonato…, è per arrivare a generare Gesù in mezzo a noi»[2].

Gesù in mezzo: non una formula, una virtù, il divino, ma una persona! «Gesù in mezzo… è Gesù! […] Noi con i nostri occhi non lo vediamo, ma lui ci sente e scruta ogni nostro pensiero, ogni palpito del nostro cuore, ogni adesione della nostra anima. Lui c’è!»[3].

Può essere anche in mezzo a persone che esprimono carismi diversi. Come non ricordare in proposito quando Chiara scrisse ricordando la Mariapoli del 1959, che vide una presenza straordinaria di religiosi e religiosi

tutti affratellati da un unico spirito: vivere il Corpo mistico. Maria santissima, certamente presente spiritualmente nella sua città, sembrava coprire col suo manto tutta questa varietà di divise che dicevano, anche all’esterno il particolare ideale che ciascuno perseguiva. Attraverso quest’Opera sembrava voler servire il suo Figlio Gesù in molte aiuole della Chiesa, perché tutti si potessero sentire, oltre che del loro particolare ordine, della Chiesa una.

Quando Gesù aveva detto “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, non aveva escluso certo di sottintendere anche: “Dove un francescano e un benedettino, o un carmelitano e un passionista, o un gesuita e un domenicano… sono uniti nel mio nome, lì sono io...”.

E se era veramente Gesù fra loro, il risultato sarebbe stato che l’incontro con Lui avrebbe fatto il france­scano miglior francescano, e il domenicano miglior domenicano.

E così la Chiesa poteva risplendere, anche per l’Opera di Maria, più bella e degna Sposa di Cristo, nella sua varietà e nella sua altissima unità»[4].

Non è proprio questo lo scopo per il quale sono stati seminati i carismi lungo la storia? Non è questo il senso ultimo delle nostre Famiglie carismatiche e del Movimento Carismi per l’unità? Rendere la Chiesa sempre più bella e atta a compiere la sua missione.



[1] Il sacerdote oggi, il religioso oggi, p. 11.

[2] A focolarini/ne della Spagna, Risposte alle domande, Madrid, 5 dicembre 2002.

[3] Alla città di Loppiano, Risposte alle domande, 27 novembre 1975.

[4] Scritti spirituali/3, p. 65.

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