Marco Datini, il pratese più noto, imprenditore e mercante
di fine 1300, con fondaci in tutta Europa e in Medio Oriente. La sua statua
campeggia in piazza del comune e il suo monumento funebre in San Francesco. La
sua memoria è vivissima, grazie anche ai lasciti per i poveri che rendono ancora
oggi, e alle carte che costituiscono un preziosissimo archivio storico.
E sua moglie? Mentre lui viaggiava per tutta Europa Margherita
restava a casa a garantire la conduzione dell’azienda. Nella sua grande stanza del palazzo, ho riletto una lettera scritta al marito lontano, che dice come fosse davvero una
grande donna:
“Se avessi detto cosa che vi è dispiaciuta, vi prego di
perdonarmi: il grande amore me lo fa dire. Queste sono cose dure da sopportare
e per questo vivo con malinconia, perché non ti sento tranquillo come io
vorrei. Io mi sono accorta che tu mi prendi in giro in ogni lettera, ma mi
piace. Delle tue malinconie sento il peso e mi rincresce: non mi ci posso
abituare. Se noi pensassimo alla morte, a quanto poco ci s’ha da stare a questo
mondo, non ci daremmo tante pene quante ce ne diamo. Io avrei voglia di sapere
se tu dormi solo o no; se non dormi solo, avrei caro di saper chi dorme con te.
Del sorvegliare bene e serrare bene l’uscio non devi avere pensiero: lo farò e
così andrà bene. Godete e passate bene il tempo sia per l’anima sia per il
corpo, perché non ci porteremo dietro niente. Il bene e il male che noi abbiamo
in questo mondo ce lo facciamo noi stessi”.
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