mercoledì 17 febbraio 2021

“In te s’aduna quantunque in creatura è di bontate”


All'inizio della Quaresima Dante ci invita a guardare a Maria come modello di tutte le virtù.

Il Purgatorio, la Cantica della Divina Commedia nella quale ella è più presente. Le anime purganti sono raccolto nelle diverse “cornici” del monte che sale verso il cielo, divisi in considerazione delle loro colpe. Ogni anima è posta davanti al proprio peccato e insieme alla virtù corrispondente che dovrà acquisire per passare in Paradiso. Il primo esempio di ogni virtù è Maria, che tutte le assomma in sé, in maniera eminente. Lungo il Purgatorio sono così già disseminati i tratti della Vergine che san Bernardo raccoglierà, come in un mazzo di fiori, nell’ultimo canto del Paradiso.

La prima virtù è l’umiltà, raffigurata nell’annunciazione, quando Maria pronuncia il suo “Ecce ancilla Dei”. Agli invidiosi è modello di carità benevola: a Cana chiede a Gesù il miracolo del vino non per interessi personali, ma perché sollecita e premurosa verso gli sposi. Agli iracondi Dante propone come modello di mansuetudine ancora Maria, nel momento in cui ritrova Gesù intento a parlare con i dottori nel tempio; invece di rimproverarlo le pone davanti con dolcezza il proprio dolore e quello di Giuseppe per la sua comparsa. Gli ignavi, accidiosi, tiepidi e tardi nel compiere il bene, ascoltano le parole del Vangelo che richiamano la sollecitudine e la prontezza con cui la Vergine sale da Elisabetta: «Maria corse con fretta a la montagna» (XVIII, 10). Alla cupidigia degli avari e allo sciupio dei prodighi viene contrapposta la serena accettazione della povertà nella grotta di Betlemme. Con i golosi si torna alla scena evangelica di Cana, dove Maria è esempio di temperanza, mossa non dal desiderio di soddisfare il suo bisogno di cibo, ma di una festa onorevole e piena per gli sposi: «Più pensava Maria onde / fosser le nozze orrevoli e intere / ch’a la sua bocca» (XXII, 142-144). I lussuriosi gridano le parole con le quali Maria, rispondendo all’angelo, attesta la sua verginità: «Virum non cognosco» (XXV, 128).

Soltanto scorrendo ad una ad una le virtù di Maria qui descritte si potrà comprendere che davvero in lei «s’aduna / quantunque è di bontade». Ella raccoglie e sintetizza in sé tutta la bellezza e la bontà del creato.

Paolo VI ha scritto una esortazione apostolica «Sulla necessità di venerare e imitare la Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa ed esempio di tutte le virtù»: «È, quindi, dovere di tutti i cristiani di imitare con animo riverente gli esempi di bontà lasciati ad essi dalla loro celeste Madre. (…) l’imitazione della Vergine Maria, lungi dal distrarre gli animi dalla fedele sequela di Cristo, rende questa più amabile, più facile. (…) Vale, perciò, anche dell'imitazione di Cristo la norma generale: A Gesù per Maria».

 

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