“L’unità! Ma chi potrà azzardarsi a parlare di lei? È ineffabile come Dio”.
È un azzardo parlare d’unità perché la
realtà del mondo, e spesso anche l’esperienza personale, sembrano essere assai
lontane dalla promessa contenuta in questa parola. Eppure non si può eludere la
sfida, perché l’unità è un anelito, un’aspirazione, un desiderio iscritto nel
profondo di ogni singola persona e di tutta l’umanità. È un tema nodale del
pensiero filosofico come della prassi politica e della quotidiana convivenza
sociale.
È un azzardo parlarne perché l’unità ci
trascende, è “ineffabile”, eppure a essa siamo chiamati e a essa tendiamo.
“Ineffabile” il discorso sull’unità non
soltanto per l’inadeguatezza del linguaggio, che non sa dire una realtà così
grande – grande come Dio! È l’idea stessa d’unità che ha molte sfaccettature, e
più ancora la sua attuazione – semplice e insieme complessa – che sembrano
superare la capacità umana.
Vi
è quasi il timore che essa possa portare all’uniformità, che misconosca la
ricchezza creativa della pluralità. L’unità sembra allora contraddire
l’altrettanta innata aspirazione alla libertà. L’affermazione dell’identità e
della diversità contraddice l’unità? O forse ne è parte integrante?
Ci
muoviamo tra forme di globalizzazione e istanze di autonomie, slanci di
fraternità che spingono verso l’integrazione reciproca e sottili venature
anarchiche che rifuggono da ogni organizzazione strutturata. L’unità attrae
perché iscritta nelle fibre dell’essere, e nello stesso tempo suscita timori
per i fraintendimenti che, in suo nome, hanno portato a derive autoritarie e
repressive.
In
mezzo a tali tensioni Chiara Lubich ha proclamato la parola “unità”. Era
consapevole delle interpretazioni ambigue che essa poteva suscitare, ma per lei
era una realtà che si imponeva da sé, con la forza dell’Evangelo. Non è stata
lei a scegliere di fare dell’unità il proprio ideale di vita. È vero il
contrario: è l’ideale dell’unità che ha scelto lei come suo strumento per
attuare in maniera nuova e creativa la preghiera con la quale Gesù si congeda
da questo mondo (Gv 17). È una
consegna che ella riceve.
L’unità
le appare davanti con la forza dell’evidenza; subito vi aderisce, presto scopre
la strada per perseguirla. Eppure essa rimane ancora “ineffabile”. È del 29
aprile 1948 la frase citata all’inizio: «L’unità! / Ma chi potrà azzardarsi a
parlare di lei? / È ineffabile come Dio».
Inizio
così l’introduzione al nuovo libro della Scuola Abbà: L’unità. Uno sguardo
dal Paradiso’49 di Chiara Lubich.
Esso
è frutto di due anni di lavoro, nella comunione e condivisione che
caratterizzano la Scuola Abbà.
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