venerdì 12 febbraio 2021

La compassione di Maria


Cos’è quella “selva oscura” nella quale Dante si ritrova nel bel mezzo della sua vita?

Quante interpretazioni lungo la storia! Fino all’ultima, recentissima, che prende le mosse da un commento al Pentateuco redatto dal monaco alto-medievale, Bruno di Segni, che parla della difficoltà nel commento al libro dell’Esodo, riuscito grazie all’aiuto di Dio “che fino a qui mi ha guidato sulla via dritta, come credo, per questa selva oscura assai fitta”; una selva che definisce “aspra” e “amara”.

Dante, nella lettera XIII nella quale dedica a Cangrande della Scala la Cantica del Paradiso, spiega qual è il fine della sua Commedia. Esso “consiste nell'allontanare quelli che vivono questa vita dallo stato di miseria e condurli a uno stato di felicità”. È l’itinerario di Dante e insieme quello di tutta l’umanità dalla miseria – la selva oscura – alla felicità: la dimora nella Trinità. È per questo che chiama la sua opera “commedia”, perché a differenza della tragedia “inizia dalla narrazione di situazioni difficili, ma la sua materia finisce bene. (…) all'inizio essa è paurosa e fetida perché tratta dell'Inferno, ma ha una fine buona, desiderabile e gradita, perché tratta del Paradiso”. Sembra di ascoltare l’Itinerarium mentis in Deum di Bonaventura, che il poeta conosceva bene.

Dante, e con lui tutta l’umanità, all’inizio della sua “commedia”, si trova quindi in una situazione di peccato, di buio, di decadenza morale e di errore, ed è incapace di uscirne perché la strada sbarrata da “impedimento”. Ed ecco Maria, la “donna gentil”, che escogita un piano per salvare l’uomo. Un piano molto articolato, fatto di mediazioni: parla con Lucia, che a sua volta parla con Beatrice, che a sua volta parla con Virgilio che si precipita nella selva oscura dalla quale trae Dante a salvezza “per lo cammino alto e silvestro” (Inferno, II).

Vergilio è mosso da Beatrice e questa da Lucia e questa dalla Vergine Maria. Ma Maria da chi è mossa? Forse che Dante ha gridato a lei la sua condizione, l’ha invocata? Il testo dice semplicemente che ella “si compiange” della situazione nella quale si trova il poeta, ossia prova compassione e dolore.

È davvero la “Madre della misericordia”. Non ha bisogno di essere pregata. La nostra condizione di sofferenza è già sufficiente perché si senta attratta e si operi per farci uscire dalle nostre selve oscure. È l’amore materno per noi suoi figli che la muove. Alla fine della Commedia Dante spiegherà perché Maria interviene fin dal principio. Lo farà dire a Bernardo:

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia…”

Non c’è bisogno di pregarla: soccorre “liberamente”, di sua iniziativa, proprio per la “benignità”, per la “misericordia” che è in lei. Ecco perché è possibile il cammino fino alla “felicità”. La Commedia di Dante continua con noi.

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