Un uomo soltanto sentì compassione.
Attorno c’era solo la gazzarra, il
vilipendio, la derisione. “Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso!...
È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e crederemo in lui…”. I passanti, i
capi dei sacerdoti, gli scribi, gli anziani, gli stessi ladroni crocifissi con
lui lo insultano e se ne fanno beffe.
Fino a quando Gesù esplode in quel grido
inatteso e drammatico: “Elì, Elì, lemà sabastàni”. La natura si è resa conto di quanto sta
accadendo e si fa buio su tutta la terra. Gli uomini invece continuano a sghignazzare:
“Vediamo se viene Elia a salvarlo!”.
Un uomo soltanto sentì compassione. E corse a
prendere una spugna, a inzupparla nell’aceto, a fissarla su una canna, ad
accostarla alla bocca di Gesù.
Corse. Dove? Era così angusto lo spazio sul
Golgota. Non c’era bisogno di correre. Quel verbo dice piuttosto la
sollecitudine, la premura di quell’uomo anonimo che si è commosso sentendo il
Figlio di Dio che grida l’abbandono di Dio.
È l’unico che si fa accanto a Gesù in tutta
la Passione. Prima di lui Simone di Cirene, che gli prende la croce e se la
pone sulle sue spalle. Ma non è mosso da compassione: è sequestrato e costretto
a forza dai soldati. Quest’uomo anonimo dell’aceto non ha altra motivazione per
quel suo gesto se non la compassione: con-passione, sente nelle sue ossa
la stessa passione che Gesù sta vivendo sulla croce. E compie un gesto tanto
gratuito e generoso quanto inutile, che non allieva per nulla la passione di
Gesù. Infatti subito dopo Gesù grida di nuovo, come prima, forse ripetendo
ancora: “Elì, Elì, lemà sabastàni”. E con quel grido sulla bocca muore.
Un gesto vano quello dell’uomo di cui non
rimane nome, anche lui vano, svanito nel nulla.
Quando siamo davanti a qualcuno che soffre
vorremmo fare chissà che cosa per condividere quel dolore, per con-patire
con chi patisce. Spesso non indoviniamo, poniamo gesti inefficienti, vani, che
svaniscono nel nulla. Rimane soltanto l’aver con-patito.
Nessun commento:
Posta un commento