«Il Figlio dell’uomo viene
consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo
tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di
interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando
fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed
essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più
grande. (Mc 9, 30-37)
Quale contrasto tra le tue
parole e quelle dei Dodici. Due mondi lontani l’uno dall’altro, due logiche
diversissime.
Tu parli di servizio fino
alla donazione totale, fino alla morte; essi di potere e di primato.
Tu doni la vita, la perdi
per noi, unica via di risurrezione; essi vogliono possederla e ricevere stima.
Tu annunci l’incomprensione
a cui seguirà il disprezzo, l’ignominia; essi sognano prestigio e onori.
Sembra impossibile che
proprio quello stesso pomeriggio, subito dopo il tuo annuncio di morte, abbiano
preso a parlare di gerarchie e di precedenze. Forse è stato l’evangelista ad
accostare volutamente questi due momenti antitetici, storicamente distanti tra
loro, per metterne in risalto il contrasto. O forse è accaduto proprio così…
Non capita a volte anche a
noi di vivere una sorta di schizofrenia? Ascoltiamo parole di luce che ci
innalzano fino al cielo e il cuore è subito in festa; ma un minuto dopo
l’incoerenza del peccato o la semplice dissipazione ci sprofonda in basso. Ci
lasciamo trascinare dall’entusiasmo per i progetti del Regno, sogniamo una vita
tutta di dedizione, e subito ci lasciamo riassorbire dall’egoismo. Quanto siamo
fragili e incostanti…
I Dodici avevano difficoltà
a comprendere la tua logica divina, ma nello stesso tempo avevano paura ad
andare in profondità, non volevano capire: intuivano la portata delle tue
parole e non volevano essere coinvolti in un’avventura troppo esigente come la
tua.
Non è anche questa la nostra
paura? Prendiamo discretamente le distanze per non rischiare sul serio la
nostra vita, per non entrare fino in fondo nel tuo mistero, sapendo che esso
domanda tutto. Quanto siamo deboli e peccatori…
Proprio per questo sei
venuto. Con pazienza infinita ti siedi e ci chiami accanto a te per riprendere
l’insegnamento: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il
servitore di tutti».
Nella tua comunità, nella
società nuova che stai costruendo, non ci sono più giochi di potere, interessi
personali, ricerche di prestigio, ambizioni di carriera, corse e soprusi per
arrivare in alto. I valori sono invertiti. Conta chi non ha diritti, come era
allora per i bambini; per questo prendi un bambino e lo poni a modello. Conta
ciò che non conta nulla. È più in alto chi più si pone in donazione. Viene in
luce chi mette in luce gli altri. È primo chi fa passare l’altro per primo.
Vale di più chi ama di più.
Questa la via che tu hai
insegnato e praticato. Questa quella che vogliamo percorrere con te.
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