Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze |
Anche nella sua natia S. Paolo di Prato la gente ricorda padre Evangelista come un frate umile e povero,
riservato, con l’abito dimesso, la mantellina corta, i sandali grossi e vecchi, la
corona e il cordone in mano... per preghiera e per trastullo. Solo gli ultimi anni, d’inverno,
portava - per imposizione dei superiori - le scarpe e le calze di lana che gli
preparava la cognata.
Quando a settembre veniva in vacanza alla casa
paterna, scendeva dal treno a Sesto o a Calenzano e si faceva i suoi buoni 6-10 chilometri a
piedi, per spirito di penitenza, quasi volesse mortificare in anticipo il
riposo della vacanza. “Mi piace viaggiare a piedi
per le strade - soleva dire. È un segno di edificazione per il
popolo. Fa bene alla gente vedere un cappuccino, sia a chi ci insidia e ci vuol
male sia a chi ci ammira”. Era la predica del buon esempio di S. Francesco.
Ma come capita a chi ha davvero la sapienza del cuore, era “all’antica” per sé, perché convinto del valore della penitenza, della povertà, dell’obbedienza e
dell’osservanza della regola vissute in modo radicale. Non imponeva e non esigeva dagli altri
quanto si sentiva chiamato a vivere per sé.
Sapeva così essere accogliente e comprensivo: doti acquisite nel prolungato contatto
con i malati. “Andate a fare un po’ di chiasso” diceva ai novizi quando gli era
chiesto di sostituire il maestro, “ma state un po’ lontano dal convento per non farvi sentire dagli altri frati”. Capiva bene che era un
po’ troppo chiedere a dei giovani, così come esigevano i
regolamenti, di parlare solo la domenica ed il giovedì dopo pranzo. Sembra che incidesse più lui sui giovani
novizi, con il suo esempio e la sua benevolenza, che non il maestro incaricato della formazione.
La semplicità dei modi, la mitezza del carattere, la conquistata
serenità e la distesa giovialità lo avevano reso un vecchio saggio e amabile.
Chiesa dei Cappuccini a Mantughi |
Nel mese di settembre 1960 P. Evangelista fu chiamato
a Firenze per svolgere l’ufficio di Confessore alla chiesa di Montughi dove
affluivano sempre più numerosi i fedeli. “La scelta fu ottima: il Padre
Evangelista fu infaticabile nell’adempimento di questo nuovo, delicatissimo ufficio. Pronto ad ogni chiamata,
premuroso verso i fedeli, riservatissimo, pio, lo si è ammirato per ore ed ore,
specie nei giorni festivi,
sostare sulle panche della chiesa, in prossimità al confessionale, con una resistenza fisica
superiore alla sua fibra ormai inoltrata negli anni ed insidiata dal male, Era un confessore molto apprezzato e ricercato;
anche non pochi religiosi di Montughi lo avevano scelto per loro confessore. Ad
un sacerdote di così specchiate virtù - conclude Fr. Luigi annunciando la sua morte -, tutti desideravano
una vita più piena; la vita per conquistare la quale il giovane Tommaso Ciardi
sessanta anni or sono, aveva abbandonato il secolo, vestendo il saio francescano” (Luigi da Firenze, o.c.).
Credo che con la sua vita così semplice e profonda, così tipicamente francescana, si sia giustamente attirato la benedizione del
suo Padre Francesco: “E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre,
e in terra sia ripieno della benedizione del diletto Figlio suo col santissimo Spirito Paraclito e con
tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. E io, frate Francesco, il più
piccolo dei frati, vostro servo, come posso confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. Amen”
(Testamento).
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