Un paese di case di pietra, poche, tenute uniti da
strade strette che percorrono pochi metri prima di perdersi nella campagna. Una
ottantina gli abitanti. Parecchi l’hanno scelto come luogo di riposo,
soprattutto per l’estate.
La chiesa, bisognosa di restauro, ha una sua dignità,
abitata da numerosi quadri e statua. Rimane chiusa tutto l’anno. Il parroco
abita lontano e ha in cura una quindicina di parrocchie. Ieri le mura antiche
hanno ripreso vita. Siamo arrivati una trentina di Oblati e una cinquantina di amici.
Si sono uniti anche 5 persone del paese, compresa la moglie del sindaco.
Il paese è dominato dal castello. Costruito all’inizio
del 1600, fu acquistato dal nonno di sant’Eugenio nel 1730, assieme alle terre,
diventando la sede del suo titolo nobiliare. Confiscato dalla Rivoluzione
francese, fu ricomprato dalla nonna di sant’Eugenio, così che questi poté tornare
ad essere signore di Saint-Laurent-du-Verdon. Quando, ventenne, tornò
dall’Italia, la mamma lo mandò proprio a Saint-Laurent, a fissarvi la residenza,
in maniera da trovare un giovane contadino del posto che lo sostituisse nel
servizio militare; costava molto meno che ad Aix. Così il povero Eugenio, che
veniva dal bel mondo di Palermo, si trovò solo, in mezzo alla campagna, tra
contadini poveri e ignoranti. Per mesi si annoiò da morire.
Dal 1° al 16 settembre 1818 vi tornò ancora una volta,
accompagnato da due suoi giovani Oblati, Francesco Moreau, diacono, e Mario
Suzanne, novizio. Ad attenderli c’erano la mamma e la sorella, lì da tutta l’estate.
Il castello è ormai diviso in 17 appartamenti,
compresa la cappella, con altrettanti proprietari, quasi tutti pensionati inglesi.
Il frantoio dell’olio, dietro il castello, è un albergo.
Ho portato con me una copia esatta della Regola
scritta a Saint-Laurent-du-Verdon in quel settembre di duecento anni fa. Ha
conservato intatta tutta la bellezza e la forza ispiratrice.
Nella chiesa una lapide ricorda che il vescovo de
Mazenod, senatore dell’Impero, venne qui nel 1858 e fece restaurare la chiesa.
Adesso, sulla facciata della chiesa, ne abbiamo
apposta un’altra, che ricorda come nel castello, duecento anni fa venne scritta
la Regola degli Oblati.
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