Da Domodossola sono passato varie volte con il treno,
ma mai fermato. Quello che conoscevo fino ad adesso di Domodossola era “D come
Domodossola”.
Comincio dal Sacro Monte, uno dei nove dell’Italia
settentrionale ormai patrimonio mondiale dell’Unesco: un percorso devozionale
che si snoda dalla città fin sopra il colle dove domina il santuario del
Crocifisso; una serie di cappelle con le varie stazioni della via crucis,
iniziate a metà del 1500, e terminate con l’arrivo di Antonio Rosmini. Ogni
cappella è una ricca rappresentazione scenica con statue e affreschi di rara
bellezza, che consentono di entrare nel mistero che raffigurano. Erano e sono
uno strumento per far rivivere il cammino della croce, immerse nel bosco silenzioso
di frassini querce, roveri, in area protetta. Ho percorso tutta la salita
fermandomi ad ammirarle una per una.
Rosmini prese possesso del santuario e dell’annesso
convento, in stato di abbandono dopo le soppressioni napoleoniche, e ridiede
vita a edifici e devozioni. Qui, il 20 febbraio 1828, ha fondato l’Istituto della
Carità.
Entro nella sua stanza, dove a composto le Costituzioni,
un’opera di 500 pagine. Iniziano affermando che il fine dell’Istituto è la
propria perfezione; «E poiché nella propria perfezione si racchiude, e può
esser detto gran parte, anche l’esercizio della carità verso il prossimo… questa
Società ama grandemente anche tutte le opere di carità verso il prossimo, e
volentieri le intraprende, in quanto sa che esse, assunte ordinatamente secondo
la volontà divina, aiutano mirabilmente gli uomini a rendere la loro vita più
accetta a Dio Padre e a Gesù nostro Signore, che dice: “Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12).
Perciò denominiamo questa Società dalla Carità, come dalla caratteristica dei
discepoli di Gesù».
Mi pare proprio un buon inizio...
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