Continuo a contemplare alcuni delle stazioni della via
crucis, davvero eloquenti. L’ultima è la resurrezione di Gesù. Allora, alla
fine del 1600, erano ancora 15. La via crucis si chiamava via regia ed iniziava
in città con un arco trionfale, perché apriva la via regale che, attraverso la
passione e la morte, conduceva Gesù alla gloria. È la cappella più grande, con
un affresco straordinariamente bello, edificata sull’antica cappella del
castello Mattarella, di cui oggi rimangono solo dei ruderi.
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La stazione della morte di Gesù in croce è nella
chiesa del calvario. Ci colpisce soprattutto la Maddalena, che non mi stanco di
guardare. Ai piedi della croce, è rappresentata in atteggiamento diverso da
quello che si vede abitualmente nell’iconografia. Non è rivolta verso Gesù, ma
verso chi entra in chiesa. Grida il suo dolore, tra le lacrime, ma soprattutto
grida la misericordia e l’amore di Gesù. Don Vito Nardin, il superiore generale
dei Rosminiani, mi spiega che ella sta dicendo: “Voi pellegrini venuti qui,
convertitevi, non vanificate il suo sacrificio, approfittate della sua
misericordia”. E aggiunge: “È la prima annunciatrice del perdono ricevuto, per
essere poi la prima messaggera della Risurrezione di Cristo”.
Continuo intanto a dare il ritiro ai Rosminiani riuniti
in assemblea generale. Oggi, tra l’altro, ho parlato del comandamento nuovo: “Amatevi
l’un l’altro”, fatto proprio da tanti Fondatori, compreso sant’Eugenio con il
suo “Tra voi la carità… la carità… la carità”. Anche Antonio Rosmini l’ha ripetuto
come suo testamento.
Non solo all’inizio delle Costituzioni, come ho
scritto ieri, pone il comandamento nuovo; lo riprende, proprio come sua consegna,
anche nell’ultima lettera, scritta pochi giorni prima della morte, che inizia
con le parole: “Che il PRECETTO del SIGNORE risplenda sulla terra di quella
gloria di cui risplende in Cielo”. Gli era chiaro come il comandamento nuovo fosse
la legge del Cielo portata da Gesù sulla terra, e che vivendolo, avremmo fatto
della terra il Cielo.
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