Nel 1946 p. Gaetano Liuzzo scrisse un libro che ebbe
grande successo: Missionari di tutti i climi, nel quale raccontava l’epopea
missionari degli Oblati. Alla fine del libro si domandava quale fosse “il
segreto della conquista oblata”. La risposta era “nello spirito ardente della
Famiglia oblata, spirito tutto incentrato su Cristo e su Maria, tutto ingemmato di carità e di zelo nel più
ampio universalismo”.
Da allora prese a sintetizzare la spiritualità oblata
in quattro parole: cristocentrismo, marianizzazione, carità, zelo apostolico.
Riguardo al cristocentrismo così scriveva allora:
Gesù Cristo,
centro e Capo della Chiesa dev’essere per ogni
cristiano la calamita divina e trasfigurante. Cristo Sacerdote Eterno,
Salvatore e Redentore di tutti, dev’essere l’anima di ogni Sacerdote e
Missionario.
Gli Oblati
devono imitarlo in ogni cosa, riempirsi di lui, onde diffondere ovunque, quasi
senza avvedersene, il profumo delle Sue virtù.
La formazione
mira a far dell’Oblato un fedele continuatore non solo della missione di
Cristo, ma anche dei Suoi sentimenti, delle Sue aspirazioni, dei Suoi spasimi
santi, della Sua stessa anima divina.
E poiché gli
amori di Cristo sono Maria, la Chiesa e le anime, l’Oblato sarà, come Lui, tutto di Maria e tutto delle anime.
Ora, dopo 70 anni da quel libro, eccomi a riprendere
il primo punto della spiritualità oblata che successivamente p. Liuzzo ha trasmesso ai membri dell’Istituto secolare da lui fondato, le Cooperatrici Oblate
Missionarie dell’Immacolata.
Ho così iniziato la guida del ritiro annuale delle COMI,
tutto incentrato Gesù, che non è una dottrina, mauna
persona. Non è neppure una persona storica del passato, di cui possiamo parlare
in maniera oggettiva e distaccata. È una persona viva con la quale siamo
chiamati a vivere.
La fede cristiana non è una teoria o una
filosofia, ma l’incontro con Gesù, e l’annuncio cristiano non è propaganda, ma la
comunicazione di un’esperienza per coinvolgere altri nella medesima esperienza.
Una esperienza concreta, personale, coinvolgente,
trasformante, al punto che la vocazione del cristiano è diventare altri Cristo,
fino a poter dire con Paolo: «Non sono più io che vivo, Cristo vive in me» (Gal
2, 20). La nostra vera identità è essere Gesù.
Soltanto allora potremo insegnare chi Egli è e la
nostra testimonianza sarà credibile, capace di provocare un’esperienza analoga.
Chi è dunque Gesù per ciascuno di
noi?
Dorremmo saperlo dire a noi stessi,
dirlo tra di noi, dirlo a tutti.
È quello che vorremmo fare durante
questo ritiro.
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