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giugno. Mistretta
(attenzione alla correzione automatica del computer che può cambiare in ristretta!),
sui monti Nebrodi, a 1000 metri di altezza. 4800 abitanti, 25 chiese, 12
organi, 48 palazzi, il castello, il municipio, il parco comunale, un liceo
classico e uno scientifico, una televisione locale “Telemistretta”, una scuola
di musica, una banda, un coro polifonico… Un gioiello d’arte. Ma di questo ne
parliamo più avanti.
Sono già
stato su questi monti, ma proveniente da Messina. Per la prima volta sono
giunto da Palermo, godendomi una fetta della costa siciliana di una bellezza
unica. La strada si snoda tra i monti Peloritani, rocciosi, austeri,
irregolari, e la distesa pacata d’un mare di cobalto. Ed ecco Bagheria, che
avevo conosciuto soltanto dai libri di Dacia Maraini. Poi i monti delle Madonie
con sul mare la perla di Cefalù. Come resistere al richiamo del duomo normanno
e del Cristo Pantocratore? La città è raccolta sotto uno sperone di roccia che
cola a picco sul mare. La stretta strada che l’attraversa, tutta e sola per i
pedoni, è una lunga passeggiata tra antichi palazzi, case di sasso che si
arrampicano lungo le scalinate che salgono alla montagna, negozi e bottegucce
che rigurgitano di prodotti tipici del luogo.
Fin
quando si spalanca sulla piazza del duomo che appare d’improvviso, imponente,
capolavoro d’arte normanna. Sembra ritagliato nel sasso che lo sovrasta, a cui
volge le spalle per guardare verso il mare.
So che
nella sua abside raccoglie il più famoso ritratto di Cristo benedicente,
austero e sereno a un tempo. È simile a quello di Monreale, ma so che a differenza
di quello, incastonato tra pareti interamente ricoperte di mosaici, questo si
taglia solitario e maestoso nella nudità della basilica.
Entro
pronto a lasciarmi abbacinare da una figura ieratica e paterna.
Delusione.
Il presbiterio è completamente oscurato dai ponteggi e i teli che proteggono i
restauri. È un invito a tornare ancora Cefalù. Per fortuna lo ritrovo nelle tante edicole della città...
Ripenso a
sant’Eugenio nel suo viaggio di ritorno in Francia. Da Palermo la nave fece
scalo proprio a Cefalù per completare il carico. Gli apparve una cittadina
priva di significato, come scrisse al padre. Doveva proprio avere gli occhi
offuscati dal pianto, per non vedere neppure la splendida cattedrale normanna.
L’unica cosa che gli sembrò degna di nota fu essere stato invitato alla tavola
del commissario di giustizia, amico di famiglia, dove gli vennero servite ben
sei portate.
Io
invece, per consolarmi della delusione, mi contento di una cassata in piazza
del duomo, accanto a un carrettino siciliano…
A
Mistretta mi scopro un altro Cristo Pantocrantore, questa volta un affresco del
1400, in un’abside piccola piccola, nella minuscola chiesa di bizantina di san
Pietro, che ha l’onore di ospitare l’adorazione permanente, da 14 anni. Un
Cristo che non può competere, ameno come notorietà, con quello di Cefalù, ma
che più di quello è oggetto di preghiera continuata.
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