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È la
strada più bella del mondo. Così dicono i Salentini. E hanno ragione. È la
Provinciale 358.
Inizio da
Otranto. Non a caso il Salento si chiama “Terra d’Otranto”. Come si fa a non
lasciarsi ammaliare dai vicoli del centro che si partono dalla Torre Alfonsina e
si perdono lasciando intravedere squarci di cielo e di mare. Prima dei grandi
monumenti una città come questa va vissuta lasciandoli portare dai propri
passi, guardando la gente, i negozi con i prodotti tipici del posto, le
ringhiere delle finestra, i colori caldi del Mediterraneo, a volte abbacinanti.
E poi stupirsi quando, d’un trattato appare una torre, la cattedrale, il porto,
il castello Aragonese, ma anche la piccola libreria, i vecchi seduti sull’uscio
di casa…
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"Nella
cattedrale prego a lungo nella cappella che raccoglie i resti dei 600 martiri,
contemplo i mosaici del pavimento, scendo nella cripta dalle cento colonne e
dagli affreschi accesi… Salgo alla collina dove i martiri furono sbozzati dalle
scimitarre turche e da lì contemplo il castello costruito troppo tardi, quando
la mattanza era ormai compiuta.
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La strada
costiera procede sinuosa seguendo le costiere. È abbacinata dal sole, dalle
rocce aride, dal colore intenso del mare: “Salento, lu sule, lu mare, lu ientu”.
Insenature, torri d’avvistamento, il faro di Punta Palascia, il punto più orientale
d’Italia. Mi devo fermare spesso, per camminare tra gli sterpi fin sui dirupi,
attratto dalle rocce a strapiombo del mare e dalla vista della costa dalle
mille insenature e dalle prospettive sempre diverse.
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A Castro
scendo nella grotta di Zinzulusa, mi faccio portare dalla barca nella grotta blu,
salgo fin sul castello, seguo il camminamento delle mura, mi lascio attirare
dalla cattedrale attuale e dai resti di quella bizantina ad essa addossati…
Un mondo
surreale, con persone affabili, quindi… reale.
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