Ed
ecco, Gesù venne loro incontro alle donne e disse: «Non temete; andate ad annunciare ai
miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». (Mt
28, 1-10)
Perché questo appuntamento in Galilea? Non è bastato che
fosse l’angelo a dare alle donne la consegna di invitare i discepoli in
Galilea. Gesù stesso si è premurato di incontrarle per confermare l’importante
incombenza. Perché di nuovo in Galilea, là dove tutto era incominciato e da dove
iniziò il cammino verso Gerusalemme? Forse perché i discepoli dovevano imparare
a seguirlo in modo novo.
Con la sua risurrezione non è più come prima, non lo si può
più seguire lungo le strade della Galilea e della Giudea. Ha superato le barriere
del tempo e dello spazio, si rende presente nel cuore dei fedeli, ovunque essi
siano. Vive ormai in una dimensione diversa, quella dello Spirito, ed è ad
ognuno più intimo che mai.
Si mostra sul volto di ogni persona che incontriamo, si
nasconde nella più banale circostanza della vita, ci è accanto in ogni nostra
giornata. La novità del suo essere tra noi – non possiamo più vederlo con
questi occhi, né udirlo con queste orecchie, né toccarlo con queste nostre mani
– domanda un nuovo tipo di sequela. Ora dobbiamo imparare ad averlo presente e
ad essergli presenti in ogni istante – come lo vedessimo con questi occhi, lo
ascoltassimo con queste orecchie, lo toccassimo con queste nostre mani.
Attende i suoi discepoli in Galilea perché vuole offrire loro
l’opportunità di ricominciare dopo il fallimento: lo hanno rinnegato, tradito,
abbandonato… Si può ricominciare, con un nuovo inizio. Non come se nulla fosse
accaduto, ma proprio perché tutto è accaduto. Ed è un ricominciare consapevoli
della propria fragilità, senza più presunzioni (“Darò la vita per te”), fatti
nuovi dalla sua misericordia, provocati dal suo amore (“Mi ami tu?”).
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