La Libreria Editrice Vaticana ha pubblicato il Nuovo Dizionario di Mistica, al quale ho contribuito con alcune voci. Ecco ho scritto sulla “Sequela”:
La vita come cammino, o
meglio ancora come viaggio, è da sempre una metafora suggestiva con la quale
l'uomo interpreta la complessità del suo essere. Essa assurge a categoria
unificante del vissuto, parabola della vita. Basterebbe evocare viaggi
paradigmatici e metastorici quali quelli di Gilgamesh, Ulisse, Dante Alighieri,
fino al volo del Gabbiano Jonathan. Il pensiero contemporaneo ha ulteriormente
approfondito la comprensione dell'uomo come "homo viator", che si
costruisce nel suo divenire storico.
Anche il cristiano di oggi
ama guardare alla perfezione, alla santità, all'unione con Dio come a realtà in
divenire, anziché statiche e date una volta per tutte; realtà che esigono un
"cammino" in un dinamismo progressivo e continuo. Il concetto di
sequela viene incontro a questa visione dinamica della vita spirituale, colta
nel suo aspetto di crescita.
I. Nella Scrittura. L'Antico Testamento aveva già descritto il modo di vivere di Israele,
la sua condotta morale, la vita di fede, in termini di via, cammino, strada. Un
popolo nomade e concreto esprimeva facilmente il proprio rapporto con Dio
impiegando immagini di itineranza: seguire Dio, camminare umilmente con lui (Dt
10,12-13; Mic 6,8). Dio stesso gli fa compiere un'esperienza di fede attraverso
itinerari a dimensioni geografico-spaziali: partenze, peregrinazioni, esodi,
ritorni...
Nell'antica alleanza Dio
camminava con il suo popolo - all'inizio della categoria di sequela vi è
l'esperienza dell'Esodo - e lo guidava attraverso la mediazione dell'arca, dei
suoi rappresentanti e della legge. Nella pienezza dei tempi viene lui stesso,
nella Persona del Figlio, a stare e camminare con gli uomini. L'esistenza
terrena di Gesù è interpretata dagli apostoli come un "passaggio",
che coinvolge altre persone nella sua itineranza, al punto che la vita
cristiana può essere definita come "via" (Atti 9,2; 18,25ss; 19,9.23;
24,4.14.22).
La parola che Cristo rivolge
ai suoi discepoli: "Seguimi", diventa un imperativo assoluto e
incondizionato che, continuando a risuonare lungo tutta la storia della Chiesa,
è all'origine di ogni vita mistica. Egli provoca nel discepolo un esodo
completo da se stesso e da ciò a cui è legato, per condurlo dietro a sé in una
adesione piena alla sua persona, al suo messaggio, al suo destino. Le esigenze
radicali della sequela di Gesù (Lc 9,57-62) indicano che in lui irrompe il
Regno di Dio. Quanti lo seguono sono espropriati del loro mondo e fatti eredi
di un mondo nuovo definito dalla persona stessa di Gesù. L'andare dietro a Gesù
genera una comunanza di vita che si traduce in una relazione stabile,
permanente, esclusiva con lui, fino alla condivisione del suo destino di morte
e di risurrezione: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24).
La sequela fisica fa
intravedere un più profondo atteggiamento interiore che lega il Maestro e i
suoi discepoli, su cui ha fatto leva la rilettura della sequela nel periodo
postpasquale. Infatti dopo la Pasqua non sarà più possibile "seguire"
Gesù. Per questo, continuando le prime indicazioni già offerte dai Sinottici,
Paolo e Giovanni elaborano una visione mistica della sequela Per Giovanni essa
si esprime in una conoscenza mutua e in una comunione vitale tra il Signore e
il suo discepolo, che introduce nel rapporto di intimità ineffabile che unisce
il Figlio al Padre. Seguire non è più un'azione fisica. La sequela ora equivale
a credere (Gv 8,12) e consiste nel reciproco "essere", "dimorare",
"rimanere" tra il Signore e i discepoli. Nonostante l'impiego di
questi verbi che sembrano statici, essa resta una realtà dinamica: un vero
cammino nella fede e nell'amore, nel quale Cristo stesso si fa "via"
e insieme "Pastore" (Gv 14,4-6; 10,4); un cammino spiritualizzato che
fa uscire dalle tenebre ed introduce nella luce; un esodo interiore dal mondo
per entrare - mediante la condividere il destino di morte e risurrezione del
Signore - nella casa del Padre e possedere la vita eterna.
Per Paolo il rapporto con
Cristo si esprime nell'identificazione con lui: essere in lui, lasciare che sia
lui a vivere in noi (Gal 2,20). Nondimeno anche per Paolo rimane l'esigenza di
camminare, anzi di correre dietro a Cristo per afferrarlo, così come lui ci ha
afferrati (Fil 3,13-14).
Nonostante la
spiritualizzazione e l'attualizzazione avvenuta dopo la Pasqua e fatta propria
dall'esperienza mistica, la sequela prepasquale, così come è stata vissuta dai
discepoli sulle vie della Galilea e della Giudea custodisce le origini più
profonde della vita cristiana e rimane il prototipo a cui guarda ogni
generazione di cristiani. Essa traduce, evocando un'immagine che rimarrà
indelebile nella memoria cristiana, il desiderio di rifare la medesima
esperienza dei discepoli del Vangelo: camminare con Gesù, stare con lui nella
quotidianità della vita, vivere con lui in un rapporto dinamico sempre nuovo di
comunione, di amicizia, di amore. Questo desiderio ha dato vita alle molteplici
forme di vita religiosa, che trovano nel seguire Cristo la loro "norma
fondamentale" (PC 2a). Ma questo stesso desiderio apre la strada anche ad
ogni esperienza di autentica ricerca di condivisione del mistero di Cristo, e
nutre la vita mistica, fino alla piena trasfigurazione in lui.
La tradizione ha spesso
esitato ad impiegare la terminologia della sequela, o l'ha usata con
parsimonia, perché la riteneva strettamente legata all'esperienza prepasquale.
Ha preferito impiegare il registro dell'imitazione, avvalendosi della interpretazione
già operata all'interno degli scritti neotestamentari. Il Concilio ha messo
nuovamente in luce il concetto di sequela ridandole il ruolo di chiave
interpretativa dell'esistenza cristiana (LG 41a; GS 41a; CD 11c; AA 4fbis).
II. Sequela e mistica. Il concetto di sequela in definitiva, pone in
evidenza alcuni aspetti fondamentali della vita mistica: l'assoluta libertà e
gratuità della scelta da parte di Dio ("Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi": Gv 15,16); il valore centrale della persona di Gesù (si segue
lui: "seguimi", "seguitemi"...);
la relativizzazione di ogni realtà umana davanti all'apparire del Signore; la
chiamata alla piena condivisione del mistero del Regno; l'introduzione
nell'intimità trinitaria, meta della sequela; il concetto di "itinerario
spirituale"; l'abbandono fiducioso alla conduzione di Cristo "Pastore
buono", interiorizzata dallo Spirito che "guida" verso la
pienezza della verità (Gv 16,13).
La mistica ha saputo ha
saputo reinterpretare questo rapporto amoroso con Cristo alla luce del Cantico
dei Cantici. È lo sposo che per primo viene incontro e chiama: "Alzati
amica mia, mia bella, e vieni" (Cant 2,10). E la sposa risponde al
desiderio dell’amato: “Attirami dietro a te, corriamo" (1,3). E' l'inizio
di un cammino drammatico nel quale amato e amata si cercano costantemente in
una progressiva crescita d'amore, fino all'unione piena e definitiva.
Un aspetto che l’esperienza mistica
non ha ancora sufficientemente posto in rilievo è la dimensione comunitaria
della sequela, con tutto quanto essa comporta. Eppure l’esperienza dei primi
discepoli fu quella di una comune itineranza dietro a Cristo. Egli spesso
chiama a due a due e quando si rivolge ai suoi discepoli lo fa come ad un
gruppo unito. La sensibilità odierna, le indicazioni offerte dall’ecclesiologia
di comunione, le esperienze comunitarie in atto segnano sicuramente una nuova
stagione anche nella vita mistica, in una condivisione del cammino di sequela.
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