Al ritiro di Firenze, 1951 |
21 febbraio 2001: le Cooperatrici Oblate
Missionarie dell’Immacolata, COMI, ricevono l’approvazione del loro Istituto.
Mi piace rileggere i ricordi degli inizi così come li ha raccontati il
fondatore, p. Gaetano Liuzzo:
La matrice
vera e propria dell'Istituto delle COMI sta nella Lettera circolare N°. 182 del
P. Deschâtelets, padre generale degli Oblati, che parlava dell'Associazione
Missionaria di M. Immacolata. Il giorno stesso della pubblicazione di questa
circolare sono stato nominato Direttore dell'AMMI italiana che aveva poche
sezioni in alcune delle nostre Case, come Ripalimosani, S. Maria a Vico, Napoli
e qualche altra
Nella
circolare 182 il P. Generale mirava a che si formasse tra i laici più vicini
alla Congregazione o sensibilizzati ad essa, un esercito di fedeli attorno a
noi che avesse il motto di Pio XI, il Papa delle Missioni, che era questo:
"Tutti i fedeli per tutti gli infedeli". Quindi una dinamica di
impegno e di ardore missionario e, alla fine di un paragrafo in cui parlava della
parte spirituale aggiungeva una specie di suggestione: "Non si potrebbe
augurare la creazione di Centri apostolici numerosi che, alle anime chiamate ad
una vita ancor più perfetta, potrebbero, sulla scia dei Terzi Ordini regolari,
dare la possibilità di vivere totalmente il nostro ideale religioso e aiutare
le opere affidateci dalla Chiesa?".
Ho cominciato
a pensarci con una certa simpatia: "E' arrivato il tempo!", perché mi
ero accorto girando, che c'erano delle giovani dell’Associazione molto ben
preparate dal punto di vista religioso e missionario, già pronte e accese. In
marzo passo per S. Maria C.V. Lì mi spuntano quattro di queste giovani, tra le
quali c'era anche Maria Albano, che, con parole un po' chiare, un po'
sibilline, mi dicono: "Non potremmo fare qualche cosa di più, essere come
gli Oblati" e per quanto io stuzzicassi non sono riuscito a tirare fuori
"facendo anche i voti", benché ce l'avessi dentro. Poco dopo passo a
Maratea e trovo Aurora con un'altra, che mi fanno praticamente lo stesso
discorso, anche qui senza arrivare all'ultima conclusione. In questi due
incontri ho visto come una conferma che quell'idea che mi stava frullando per
la testa, veniva dal Signore.
Con Padre Deschatelets |
In un ritiro
organizzato a Firenze nell’agosto 1951 per queste giovani ho tentato di formare
o confermare in tutte le trentacinque o trentasei presenti il senso della
missione oblata, della spiritualità oblata, della collaborazione piena con gli
Oblati e del come essere come gli Oblati ed è spuntato fuori: “Sorelle Oblate”.
La sera del
21 agosto ho letto la preghiera, che abbiamo chiamato “Consacrazione sorelle”,
in cui c'è tutta l'anima del nascente Istituto, impregnato di spirito mariano,
di cattolicità, di spirito missionario e di impegno interiore ed esteriore.
La sera
stessa ho preso il motorino e vado dalla parte opposta della città, dal Santo
di Firenze che era Mons. Facibeni. Lo chiamavano santo, aveva fondato una sua
opera ed io ero andato a chiedergli una benedizione per quest'opera nascente,
come se sentissi il bisogno di una conferma esterna alla Congregazione, poiché
ero sicuro della conferma che mi sarebbe venuta dal P. Generale, visto che era
l'attuazione di un suo desiderio. Stranamente Mons. Facibeni, che non era molto
espansivo, mi ha ricevuto molto affettuosamente. Ha preso atto di quello che
gli dicevo e mi ha aperto il cuore sulla sua opera, facendomi una panoramica
sulle enormi difficoltà.
Io, tornando
a casa, mi sono chiesto il perché di queste confidenze e mi è venuto il dubbio
che non fossero una specie di profezia. I fatti diranno che è stata una
profezia.
Due giorni
dopo scrivo al P. Generale. Gli dicevo come erano nate ed aggiungevo che io non
parlavo per il momento di Istituto o altro, ma di un movimento di spiritualità
con prospettive abbastanza larghe, apertura a quanto il Signore vorrà che
alcune facciano anche i voti come i Padri, per essere "Come i Padri, come
gli Oblati". Che alcune, quando Dio vorrà vivano insieme, ma non da suore
e magari vadano in missione.
Il P.
Generale è rimasto entusiasta e ci ha sempre seguito con tantissimo affetto,
con tanto amore.
Due anni dopo, nel 1953, le prime hanno fatto i primi voti.
Due anni dopo, nel 1953, le prime hanno fatto i primi voti.
Un punto che
per me era importante: "non suore". Pensavo a laiche che vivessero in
famiglia, che potessero anche staccarsi da essa e venivano a vivere in un'altra
famiglia, ma laiche. Non era questione di non avere un abito religioso e
neppure una struttura religiosa, ma soprattutto di avere una mentalità che
fosse teologalmente religiosa, ma socialmente laica. Mi riferivo al progetto di
P. Deschâtelets: oblate in veste secolare. Oblate vere, consacrate,
missionarie, ma che vivono nella condizione normale della loro vita che è
secolare.
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