Avrei dovuto portarle l’unzione
degli infermi a fine mattinata, ma è morta nella notte. Così l’ho vista ormai
distesa nella bara bianca. L’avevo salutata a telefono il giorno prima e mi
aspettava. Mi voleva, chissà perché, un bene sincero, riservato e insieme effusivo.
Aveva ricevuto il nome di Aletta il
giorno stesso che, per la prima volta, aveva incontrato Chiara: un invito a
dare un colpo d’ala, a lascia il passato e volare decisa e libera verso Dio. La
sua parola di vita – “Beati i puri di cuori, perché vedranno Dio” – le si
leggeva in volto e l’ha portata a vedere Dio: è andata a occupare il posto che
Gesù le aveva preparato salendo al cielo. Santità semplice ed evidente, la sua.
Oggi, durante la messa del funerale,
ho distribuito la comunione a quanti stavano nell’ultimo settore nella sala del
centro mariapoli. Una dopo l’altra le persone mi passavano davanti, chi più grave,
chi più sorridente, per ricevere l’Eucaristia. Li conoscevo quasi tutti, alcuni
da venti, da trenta, da più anni ancora. Persone d’un pezzo, che tirano avanti serie,
impegnate, senza tante storie. Che impressione saperle così fedeli, sempre al
loro posto di lavoro, convinte nel dare il loro apporto nascosto alla grande
causa dell’unità!
Forse nessuna di loro, o poche,
avranno un funerale così solenne come quello riservato ad Aletta. Forse se ne
andranno via in silenzio, come d’altronde in silenzio se n’è andata Aletta. Non
si parlerà tanto di loro, non se ne scriverà la biografia. Mi sono sembrate
come la fanteria della Chiesa, che portano avanti la battaglia della fede, senza troppa appariscenza. Eppure non
sono meno sante e i loro nomi sono scritti in cielo.
Com’è umile, bella, indispensabile
la santità di fanteria!
Padre Fabio, bellissimo quanto dici di Aletta, grazie! E grazie anche di questa bellissima imagine della santità di fanteria... mi è piaciuta tantissimo. Christian da Silva
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