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Ci sono momenti nei quali ci sentiamo contenti, pieni di
forze e tutto sembra facile e leggero. Altre volte siamo assaliti da difficoltà
che amareggiano le nostre giornate. Possono essere i piccoli fallimenti
nell’amare le persone che ci sono accanto, l’incapacità di condividere con
altri il nostro ideale di vita. Oppure sopraggiungono malattie, ristrettezze
economiche, delusioni familiari, dubbi e tribolazioni interiori, perdita di
lavoro, situazioni di guerra, che ci schiacciano e appaiono senza via di
uscita. Ciò che pesa maggiormente in queste circostanze è sentirci costretti ad
affrontare da soli le prove della vita, senza il sostegno di qualcuno capace di
darci un aiuto decisivo.
Poche persone come l’apostolo Paolo hanno vissuto con tanta
intensità gioie e dolori, successi e incomprensioni. Eppure egli ha saputo
perseguire con coraggio la sua missione, senza cedere allo scoraggiamento. Era
un supereroe? No, si sentiva debole, fragile, inadeguato, ma possedeva un
segreto, che confida ai suoi amici di Filippi: “Tutto posso in colui che mi dà
la forza”. Aveva scoperto nella propria vita la presenza costante di Gesù.
Anche quando tutti lo avevano abbandonato, Paolo non si è mai sentito solo:
Gesù gli è rimasto vicino. Era lui che gli dava sicurezza e lo spingeva ad
andare avanti, ad affrontare ogni avversità. Era entrato pienamente nella sua
vita divenendo la sua forza.
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Quello di Paolo può essere anche il nostro segreto. Tutto
posso quando anche in un dolore riconosco e accolgo la vicinanza misteriosa di
Gesù che quasi si identifica e prende su di sé quel dolore. Tutto posso quando
vivo in comunione d’amore con altri, perché allora Egli viene in mezzo a noi,
come ha promesso, e sono sostenuto dalla forza dell’unità. Tutto posso quando
accolgo e metto in pratica le parole del Vangelo: mi fanno scorgere la strada
che sono chiamato a percorrere giorno dopo giorno, mi insegnano come vivere, mi
danno fiducia.
Avrò la forza per affrontare non soltanto le mie prove
personali, o della mia famiglia, ma anche quelle del mondo attorno a me. Può
sembrare un’ingenuità, un’utopia, tanto immani sono i problemi della società e
delle nazioni. Eppure “tutto” possiamo con la presenza dell’Onnipotente;
“tutto” e solo il bene che Egli, nel suo amore misericordioso, ha pensato per
me e per gli altri attraverso di me. E se non si attualizza subito, possiamo
continuare a credere e sperare nel progetto d’amore di Dio che abbraccia
l’eternità e si compirà comunque.
Basterà lavorare “a due”, come insegnava Chiara Lubich: «Io
non posso far nulla in quel caso, per quella persona cara in pericolo o
ammalata, per quella circostanza intricata… Ebbene io farò ciò che Dio vuole da
me in quest’attimo: studiare bene, spazzare bene, pregare bene, accudire bene i
miei bambini… E Dio penserà a sbrogliare quella matassa, a confortare chi
soffre, a risolvere quell’imprevisto. È un lavoro a due in perfetta comunione,
che richiede a noi grande fede nell’amore di Dio per i suoi figli e mette Dio
stesso, per il nostro agire, nella possibilità d’aver fiducia in noi. Questa reciproca
confidenza opera miracoli. Si vedrà che, dove noi non siamo arrivati, è
veramente arrivato un Altro, che ha fatto immensamente meglio di noi».
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