Vivo nella parrocchia di san Pio V, una chiesa grande e brutta come tutte le chiese degli anni Cinquanta, con sulla facciata un mosaico altrettanto grande e brutto di san Pio V. In compenso è una parrocchia molto viva, frequentatissima e piena di iniziative.
Pur essendo in questa parrocchia non ho mai avuto modo di
riflettere troppo su san Pio V, fra l’altro notissimo per la battaglia di
Lepanto e per la conseguente pratica dell’Angelus. Meno noto, ma più
folcloristico, il fatto che l’abito bianco del papa risalga proprio a lui: in
quanto Domenicano vestiva di bianco e una volta papa non cambiò l’abito. E da
sempre (ossia dal 1565) il papa veste di bianco. Nessuno ebbe da ridire (o
forse sì?). Cosa sarebbe successo se papa Francesco, avesse mantenuto l’abito
nero dei Gesuiti?
Lunedì scorso ero andato in “devoto pellegrinaggio” – così si
dice – a santa Maria Maggiore, senza immaginare che proprio quel giorno e a
quell’ora si sarebbe celebrato solennemente la festa del santo (posticipata di
un paio di giorni sul calendario liturgico), con tanto di omaggio alla tomba del santo nella cappella Cesi. Tutti i Domenicani di Santa Sabina
si erano riversati nella basilica e uno di loro ha tenuto una bella omelia illustrando
la figura del santo. Naturalmente ha messo in luce, come grande merito, la
riforma della liturgia, all’indomani del Concilio di Trento, che portò, tra l’altro,
al famoso “Messale di san Pio V”, rimasto in auge fino alla riforma di Paolo
VI.
Ed è proprio questo messale che mi ha fatto pensare. Pio V,
oltre che un santo, è stato una persona di grande audacia. Dar vita a un nuovo
messale, e quindi praticamente a un nuovo rito, voleva dire inimicarsi mezzo
mondo. Erano tante le tradizioni locali alle quali ognuno era ferreamente
attaccato, e lui in un soffio le spazzò via per unificare la liturgia sotto un
unico messale. Fine degli antichi, storici, tradizionali, sacri messali e sacramentari
precedenti. Si salvarono il rito ambrosiamo e pochi altri.
La stessa audacia in Paolo VI, che seguendo le indicazioni
di un Concilio, come aveva fatto Pio V, ha riformato liturgia e messale. E si è
attirato le stesse critiche, di aver tradito la tradizione… proprio come con Pio
V.
Come ci si è attenuti alla riforma di Pio V, sarà bene
attenersi a quella di Paolo VI.
Santo l’uno, santo l’altro.
Audace l’uno, audace l’altro.
Nessun commento:
Posta un commento