lunedì 10 novembre 2014

San Martino: una vita in un gesto

Siamo giunti alla festa di san Martino di Tours. Ricordo ancora il racconto della maestra delle elementari. Era una delle grandi epopee – tutta raccolta in un gesto – che popolava la mia mente bambina e che vi è rimasta indelebile. Oggi me la lascio raccontare di nuovo da Paolo VI, come lo fece 50 anni fa nell’udienza dell’11 novembre 1964.

La vostra visita odierna cade nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa d’uno dei suoi Santi, più popolari e più gloriosi, San Martino, Vescovo di Tours, morto alla fine del quarto secolo (nel 397, lo stesso anno della morte di S. Ambrogio), e tuttora famoso per l’episodio di Amiens. Martino era allora ufficiale della guardia imperiale a cavallo, forse non ancora ventenne; s’incontrò un giorno d’inverno alle porte della città con un povero mendicante, intirizzito e spoglio, a cui nessuno badava. Martino non aveva denaro con sé, ma aveva fin d’allora grande cuore in sé: che fare?: con un magnifico colpo di spada taglia in due la sua clamide, cioè la sopravveste militare, e ne dà una metà al mendicante. La notte successiva, Martino (che non era ancora battezzato) vede Cristo in sogno coperto con la parte del suo mantello, ch’egli aveva dato al povero sconosciuto, e sente Cristo che dice: Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questa veste (Sulpicio Severo, Vita Beati Martini, P.L. 20, 162). Questa scena ha fatto la delizia degli artisti, ma ancor più quella dei cristiani, che hanno visto in essa un anticipato riflesso della parola di Gesù all’ultimo giudizio: «Quando avete beneficato uno dei miei minimi fratelli, l’avete fatto a me». È una parola stupenda e formidabile: Gesù si mette al posto di ogni uomo sofferente; chi soccorre lui, soccorre Gesù.
Conosciamo bene questa sentenza del Signore, la quale ha la virtù d’una rivelazione: Gesù è presente nel povero, nel sofferente, nell’ignudo, nel carcerato. Dove l’umanità patisce, Gesù patisce. Dove il volto umano piange, si scopre, dietro, il volto di Cristo piangente. L’uomo minorato diventa una specie di sacramento, cioè di segno sacro di Cristo (Bossuet, Oeuvres, III, 192 e 477). Qui la mistica diventa principio della sociologia cristiana.


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