sabato 8 novembre 2014

Paolo VI e Chiara Lubich: per comune fronte carismatico



Mario Giordani, il figlio maggiore di Igino, ricorda che il papà, per evitare di essere continuamente pedinato dalla polizia fascista, lasciò la casa in centro a Roma e si trasferì in campagna, a Monte Mario. Il figlio più piccolo, Brando – che tra l’altro era stata battezzato da mons. Montini – invece pensato che fossero andati in campagna perché la mamma Mia, che da brava soprano cantava sempre, potesse cantare a volontà, senza disturbare i vicini. L’amico mons. Montini continuava a frequentare la casa come quando stavano a Roma, perché una profonda amicizia lo legava a Igino. Dopo aver conversato con il babbo, il Monsignore si metteva a giocare a pallone in cortile con i ragazzi di casa. E chi se lo immagina l’austero mons. Montini giocare a pallone con i ragazzini… Un aneddoto tra o tanti che, in questi due giorni di studio su Paolo VI e Chiara Lubich, ci hanno rivelato aspetti nuovi di questo straordinario intreccio di rapporto tra Montini, Giordani e Lubich.
È stato per me particolarmente arricchente poter vedere il Movimento dei focolari e la sua fondatrice, attraverso gli occhi di Papa Paolo. Questo grande, che aveva uno sguardo amplissimo sulla Chiesa e sulla società del suo tempo, ha avuto anche uno sguardo particolare su quest’opera di Dio, provando insieme gioia e dubbi, apprezzamenti e perplessità, entusiasmo e speranze… Collocarsi nella sua prospettiva si colgono aspetti nuovi di questo carisma e del suo farsi strada nella Chiesa.
Lungo il percorso del convegno si è stagliato nitido il fermento carismatico del Novecento, la natura dinamica della Chiesa, lei stessa “movimento”, o almeno “in movimento”, e la necessità dei “movimenti” nel suo seno che la tengano sempre in movimento e la facciano essere movimento, cammino e dilatazione della vita di tutto un popolo.
Anche l’Ottocento ha conosciuto un risveglio nella Chiesa attraverso le molteplici congregazione. Lo stesso è avvenuto dopo il Concilio di Trento, e ancora prima con il “movimento” francescano. Prima ancora nel XII secolo la Chiesa si era risvegliata cistercense, come afferma Jean Leclercq, al punto che il papa stesso era cistercense. Lo stesso “movimento” monastico è stato un risveglio laicale della Chiesa e una attuazione originale della sua natura evangelica.
Nella sua storia i carismi si sono succeduti nella loro meravigliosa varierà, quasi passandosi il testimone nella missione ecclesiale.
Gli ultimi che ricevono il testimone – e tale mi sono sembrati in questi giorni i movimenti ecclesiali di oggi, con in testa i focolari – sono chiamati a protendersi in avanti nella corsa, e nello stesso tempo a volgere uno sguardo indietro, verso quanti li hanno preceduti, per invitarli a continuare la corsa. È l’appello a formare un comune fronte carismatico che renda la Chiesa più santa, più mariana, più profetica, più evangelizzatrice, più servitore dell’umanità.
Nel convegno, tra i tanti momenti di incontro tra Paolo VI e Chiara ricordati, non è stato menzionato quello nel quale Chiara, al papa che coltivava la cultura e che era amante dell’arte, affermò con semplicità che Gesù in mezzo alla comunità cristiana vale più di tutto, anche più di tutte le opere d’arte di una grande città come Roma. Vale la pena ricordarlo, perché proprio lui, Gesù in mezzo tra tutti i carismi, lui che vale di più di tutte le bellezze di cui ognuno di essi è apportatore, può costituire la loro unità, la Bellezza delle bellezze comune a tutti. Lui può creare il fronte comune che ravviva costantemente la Chiesa e la spalanca sul mondo intero.


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