Mario Giordani, il figlio maggiore di Igino, ricorda che il
papà, per evitare di essere continuamente pedinato dalla polizia fascista,
lasciò la casa in centro a Roma e si trasferì in campagna, a Monte Mario. Il
figlio più piccolo, Brando – che tra l’altro era stata battezzato da mons.
Montini – invece pensato che fossero andati in campagna perché la mamma Mia,
che da brava soprano cantava sempre, potesse cantare a volontà, senza disturbare
i vicini. L’amico mons. Montini continuava a frequentare la casa come quando
stavano a Roma, perché una profonda amicizia lo legava a Igino. Dopo aver
conversato con il babbo, il Monsignore si metteva a giocare a pallone in
cortile con i ragazzi di casa. E chi se lo immagina l’austero mons. Montini
giocare a pallone con i ragazzini… Un aneddoto tra o tanti che, in questi due
giorni di studio su Paolo VI e Chiara Lubich, ci hanno rivelato aspetti nuovi
di questo straordinario intreccio di rapporto tra Montini, Giordani e Lubich.
È stato per me particolarmente arricchente poter vedere il
Movimento dei focolari e la sua fondatrice, attraverso gli occhi di Papa Paolo.
Questo grande, che aveva uno sguardo amplissimo sulla Chiesa e sulla società
del suo tempo, ha avuto anche uno sguardo particolare su quest’opera di Dio,
provando insieme gioia e dubbi, apprezzamenti e perplessità, entusiasmo e
speranze… Collocarsi nella sua prospettiva si colgono aspetti nuovi di questo
carisma e del suo farsi strada nella Chiesa.
Lungo il percorso del convegno si è stagliato nitido il fermento
carismatico del Novecento, la natura dinamica della Chiesa, lei stessa
“movimento”, o almeno “in movimento”, e la necessità dei “movimenti” nel suo
seno che la tengano sempre in movimento e la facciano essere movimento, cammino
e dilatazione della vita di tutto un popolo.
Anche l’Ottocento ha conosciuto un risveglio nella Chiesa
attraverso le molteplici congregazione. Lo stesso è avvenuto dopo il Concilio
di Trento, e ancora prima con il “movimento” francescano. Prima ancora nel XII
secolo la Chiesa si era risvegliata cistercense, come afferma Jean Leclercq, al
punto che il papa stesso era cistercense. Lo stesso “movimento” monastico è
stato un risveglio laicale della Chiesa e una attuazione originale della sua
natura evangelica.
Nella sua storia i carismi si sono succeduti nella loro
meravigliosa varierà, quasi passandosi il testimone nella missione ecclesiale.
Gli ultimi che ricevono il testimone – e tale mi sono
sembrati in questi giorni i movimenti ecclesiali di oggi, con in testa i
focolari – sono chiamati a protendersi in avanti nella corsa, e nello stesso
tempo a volgere uno sguardo indietro, verso quanti li hanno preceduti, per
invitarli a continuare la corsa. È l’appello a formare un comune fronte
carismatico che renda la Chiesa più santa, più mariana, più profetica, più
evangelizzatrice, più servitore dell’umanità.
Nel convegno, tra i tanti momenti di incontro tra Paolo VI e
Chiara ricordati, non è stato menzionato quello nel quale Chiara, al papa che
coltivava la cultura e che era amante dell’arte, affermò con semplicità che
Gesù in mezzo alla comunità cristiana vale più di tutto, anche più di tutte le
opere d’arte di una grande città come Roma. Vale la pena ricordarlo, perché
proprio lui, Gesù in mezzo tra tutti i carismi, lui che vale di più di tutte le
bellezze di cui ognuno di essi è apportatore, può costituire la loro unità, la
Bellezza delle bellezze comune a tutti. Lui può creare il fronte comune che
ravviva costantemente la Chiesa e la spalanca sul mondo intero.
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