Aspettavamo una Lettera del papa in occasione dell’Anno della Vita Consacrata e proprio all’ultimo minuto è arrivata.
Prima dei contenuti mi hanno colpito piccoli (?) dettagli di
forma.
Innanzitutto si rivolge prima alle consacrate e poi ai
consacrati. Abitualmente non è così; ci si indirizza prima agli uomini poi alle
donne. Poteva però il papa ignorare che 4 su 5 persone consacrate sono donne?
Non è soltanto cavalleria o un modo di dire “politicamente corretto”, è una
autentica attenzione.
Poi, fin dalla prima riga, il coinvolgimento personale:
scrive non soltanto come Successore di Pietro (non per niente la sua è una
Lettera “apostolica”), ma come “fratello vostro, consacrato a Dio come voi”.
Soltanto Francesco poteva presentarsi come papa fratello, sia perché Gesuita,
sia perché il nome stesso glielo consente: per san Francesco tutti sono
fratelli e sorelle. Anche in questo caso non si tratta di una “captatio
benevolentiae”, perché tutta la lettera è una sincera condivisione di gioie,
problemi, speranze… Il plurale, ripetuto costantemente, non è né maiestatico né
di umiltà; si tratta di un plurale reale: il papa vi è dentro tutto intero, assieme
a tutti noi.
Infine mi pare un po’ nuovo l’indirizzarsi, in una lettera diretta a consacrate e consacrati, a una grande varietà di soggetti. Prima di tutto, naturalmente ai giovani religiose e religiosi, non soltanto come speranza di futuro, ma come reale risorsa del presente. L’appello è tuttavia molto più ampio. Si rivolge ai laici che condividono, con le persone consacrate, ideali, spirito, missione, incoraggiandoli “a vivere quest’Anno della Vita Consacrata come una grazia che può rendervi più consapevoli del dono ricevuto”. Era ora che si coinvolgesse l’intera “famiglia carismatica” degli Istituti, che va ben al di là delle persone consacrate. Attorno ad ogni Istituto è infatti presente una ricca pluralità di soggetti. È poi la volta dell’intero popolo cristiano “perché prenda sempre più consapevolezza del dono che è la presenza di tante consacrate e consacrati, eredi di grandi santi che hanno fatto la storia del cristianesimo”.
C’è poi un “oso”, che introduce l’invito rivolto “alle persone consacrate e ai membri di
fraternità e comunità appartenenti a Chiese di tradizione diversa da quella
cattolica”, perché anche loro partecipino all’iniziativa dell’Anno della vita
consacrata, così che “cresca la mutua
conoscenza, la stima, la collaborazione reciproca, in modo che l’ecumenismo
della vita consacrata sia di aiuto al più ampio cammino verso l’unità tra tutte
le Chiese”. Lo sguardo di allarga poi al “fenomeno del monachesimo e di altre
espressioni di fraternità religiose presente in tutte le grandi religioni”, che
non può essere ignorato nella celebrazione dell’Anno sulla vita consacrata.
Infine la lettera si rivolge ai vescovi stessi, invitati a
promuovere nelle rispettive comunità i distinti carismi. Il papa chiede loro di
essere accanto alle persone consacrate “sostenendo, animando, aiutando nel
discernimento, facendovi vicini con tenerezza e amore alle situazioni di
sofferenza e di debolezza nelle quali possano trovarsi alcuni consacrati, e
soprattutto illuminando con il vostro insegnamento il popolo di Dio sul valore
della vita consacrata così da farne risplendere la bellezza e la santità nella
Chiesa”. Francesco ne dà per primo l’esempio!
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